Separazione, ex moglie giovane in grado di lavorare, le spetta l’assegno di mantenimento? Ecco cosa dice la Cassazione

Pubblicato il: 30/11/2023

Il diritto al mantenimento dell'ex coniuge e i presupposti dell'assegno di mantenimento sono temi da sempre molto discussi nelle aule giudiziarie.

La fonte normativa è l'art.156 del Codice Civile, il quale stabilisce che un coniuge ha il diritto di ricevere dall'altro il mantenimento, se non ha redditi propri adeguati e se non deve essergli addebitata la separazione.

L'assegno di mantenimento va quantificato in base alle circostanze e ai redditi del soggetto obbligato.

Anche dopo la fine del matrimonio, sussistono quindi responsabilità nei confronti dell'ex-coniuge. Tuttavia, l'assegno di mantenimento non viene riconosciuto automaticamente, e il diritto allo stesso va contemperato con il diritto-dovere al lavoro.

Con l'ordinanza n. 17805/2023, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso di una donna a cui, nei precedenti gradi di giudizio, era stato negato il diritto al mantenimento, in virtù della sua giovane età e dell'aver rifiutato un percorso di orientamento al lavoro proposto dai servizi sociali.

Al riguardo, la donna lamentava di essere priva di redditi e di aver sempre svolto l'attività di casalinga, non potendo quindi rilevare la generica capacità di lavorare.
Specificava, inoltre, che il percorso proposto dai servizi sociali non riguardava un'offerta di lavoro concreta, ma un inserimento futuro e ipotetico.

La Cassazione non ha ritenuto ammissibili tali argomentazioni.
Infatti, secondo i giudici della Suprema Corte, la giovane età è rilevante ai fini della potenzialità lavorativa, anche considerando che alla donna era stato concretamente proposto un percorso, che lei aveva ingiustificatamente rifiutato.
Al riguardo, già con la sentenza n.789/2017, la Cassazione aveva chiarito che il giudice, chiamato a decidere sulla concessione dell’assegno di mantenimento e sulla relativa misura, debba tener conto dell'attitudine dei coniugi al lavoro e della loro potenziale capacità di guadagno, considerando non solo i redditi in denaro ma anche ogni altra utilità o capacità suscettibile di valutazione economica.

Nella vicenda in esame, inoltre, la Corte, nel rigettare la domanda della donna, ha dato rilievo al fatto che il canone di locazione dell'appartamento in cui la stessa viveva con la figlia era comunque pagato dall'ex-marito, costituendo questo il complessivo sforzo economico che poteva essere a lui richiesto, date le sue possibilità economiche.

Proprio le possibilità dell'ex-coniuge avevano costituito un ulteriore motivo di ricorso della donna, che aveva posto l'attenzione sulla circostanza che la madre dell'ex-marito, con la quale quest'ultimo conviveva, era proprietaria ed usufruttuaria di diversi immobili locati a terzi.
Tale situazione di indubbio benessere – secondo la ex moglie – andava ad incidere sulle condizioni del figlio e doveva essere considerata nel valutare le sue capacità reddituali.

Ma anche queste argomentazioni sono state ritenute infondate dalla Suprema Corte, che ha chiarito che gli obblighi derivanti dall'art.156 c.c. gravano sui coniugi e non sui loro genitori, risultando quindi irrilevante la situazione economica di questi ultimi.

Secondo la Cassazione, infatti, nel momento in cui un soggetto diventa autonomo e ha formato un proprio nucleo familiare, i genitori non hanno più obblighi nei suoi confronti e qualsiasi aiuto economico rappresenta un atto di liberalità, una donazione.

Di conseguenza, eventuali elargizioni della ex-suocera all'ex-marito non costituivano in ogni caso reddito e non potevano incidere in alcun modo sul calcolo dell'assegno di mantenimento.
Sulla base di queste motivazioni, quindi, la Cassazione ha respinto il ricorso della donna, a cui veniva riconosciuto soltanto l'assegno di mantenimento in favore della figlia.


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Nuovo Bonus Legge 104 acquisto smartphone e pc, risparmio notevole: ecco i documenti necessari anche per acquisto online

Pubblicato il: 29/11/2023

La Legge 104/1992 riconosce vari diritti e agevolazioni alle persone con disabilità. Tra queste agevolazioni ci sono permessi, congedi, detrazioni fiscali per figli a carico e sconti su determinati acquisti. Tra gli sconti sugli acquisti, la Legge 104 permette di comprare dispositivi elettronici, come telefonini e computer, a prezzi stracciati.

Come funziona il bonus 104 per acquistare smartphone e computer? Capiamo insieme cosa dice la legge, a chi spetta e come poter ottenere questo sconto.

Come ha precisato l’Agenzia delle Entrate, sarà possibile usufruire di questo beneficio per l’acquisto di “dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche”. Cosa vuol dire? Significa che lo sconto potrà esserci per l’acquisto di un modem, di un computer e, ovviamente, di uno smartphone. In generale, si potranno comprare quegli strumenti tecnici ed informatici che servono a rendere più semplice la vita delle persone con grave disabilità.

Grazie al bonus 104, può esserci un notevole risparmio. Infatti, le persone con disabilità potranno godere di due agevolazioni per l’acquisto di strumenti informatici: una detrazione fiscale del 19% sulla spesa fatta e un’aliquota Iva ridotta dal 22% al 4%.

Ma quali sono i documenti che bisogna presentare per accedere a questo sconto?

Innanzitutto, la persona deve essere portatore di una grave disabilità secondo quanto stabilito dalla Legge 104: essendo in possesso della Legge 104, la persona potrà godere dei diritti e dei vantaggi previsti da questa legge. Tra questi, il bonus di cui stiamo parlando.

Poi, è anche necessario che ci sia un collegamento funzionale tra lo strumento elettronico da comprare e la disabilità della persona: cioè, il dispositivo tecnologico deve semplificare la vita del disabile e aiutarlo nelle relazioni interpersonali e con l’ambiente circostante.

Allora, per ottenere il vantaggio della detrazione del 19%, bisogna consegnare, al momento dell’acquisto questi documenti: certificazione medica rilasciata dalla Commissione medica, certificazione rilasciata dall’A.S.L. che riconosce la disabilità, nonché la ricevuta o fattura o quietanzata dell’acquisto. Inoltre, per assicurarsi l’Iva agevolata al 4% (anziché al 22%), si dovrà presentare al venditore la certificazione che riconosce la disabilità.

Questa documentazione ha lo scopo di provare non solo lo status di persona con grave disabilità ai sensi della Legge 104, ma anche che il dispositivo elettronico acquistato serve come aiuto tecnico ed informatico per la persona disabile.

Al contrario, non ci sono limiti di reddito e non deve essere presentato l’ISEE.

E nel caso di acquisti online? Valgono le stesse regole che abbiamo appena visto? In generale, si dovranno seguire le istruzioni stabilite da ogni piattaforma e-commerce.

Allora, per accedere al bonus quando si compra online su Amazon, si deve tener presente che il sito applica l’Iva al 22%. Però, niente paura: si può chiedere un rimborso.
Come? Prima di procedere all’ordine, sarà necessario inviare all’indirizzo e-mail di Amazon una serie di documenti, tra cui certamente il certificato di invalidità e altri dati specifici. La piattaforma esaminerà la documentazione inviata e, se tutto va bene, si potrà richiedere la fattura e il rimborso dell’Iva.

Si tratta sicuramente di un’occasione da cogliere: queste due agevolazioni permettono un grande risparmio rispetto al normale prezzo di vendita. Bisogna solo fare attenzione alla procedura da seguire e a quali documenti presentare per non perdere questa possibilità.


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Nuovo Decreto Bollette 2023, ecco tutte le agevolazioni: bonus benzina, bonus bollette e iva agevolata luce e gas

Pubblicato il: 28/11/2023

Buone notizie per le famiglie italiane che puntano al risparmio. Il Decreto Bollette 2023, approvato lo scorso settembre dal governo è diventato Legge.

Più precisamente, il 15 novembre è stato approvato il disegno di legge di conversione, che modifica il precedente decreto del 29 settembre 2023, n. 131, recante “misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio”.
Questo provvedimento voluto dal Governo mira ad aiutare le famiglie italiane con diversi tipi di sostegno economico: dalla lotta al caro bollette ai bonus benzina, fino a bonus extra per le famiglie in difficoltà.

Cosa prevede il Decreto Bollette 2023?

Bonus carburante, carta spesa e trasporti pubblici
Il decreto bollette fornisce un bonus benzina per i redditi bassi. In realtà più che di un bonus in sé, si tratta di un utilizzo più esteso della Carta spesa Dedicata a te. Parliamo della social card fornita dal Governo come sussidio per le famiglie che versano in difficoltà economica, per consentire l’acquisto dei beni di prima necessità. La carta spesa dal valore di 382 euro, con il decreto bollette, potrà essere utilizzata anche per rifornirsi di carburante, nonché per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico.

Proroghe aiuti in bolletta e iva agevolata
Con la conversione del decreto si rinnovano gli aiuti alle famiglie meno agiate in scadenza per fine settembre. Viene infatti prorogato il bonus bolletta Luce e Gas per famiglie con Isee basso.
Il bonus prevede la riduzione delle bollette dell’energia elettrica e del gas a beneficio delle famiglie disagiate, con ISEE fino a 15mila euro o fino a 30mila euro se con 4 figli, oppure con familiari in condizioni di salute gravi;

Inoltre il provvedimento fissa un l’iva agevolata per le somministrazioni di gas metano e un nuovo azzeramento degli oneri di sistema relativi al gas naturale.
Sull’iva agevolata per il gas si legge nel Decreto ormai convertito: “le somministrazioni di gas metano destinato alla combustione per usi civili e per usi industriali, contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2023, sono assoggettate all’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto iva del 5%”.

Inoltre, l'Arera (L'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) riferisce che la bolletta elettrica per la famiglia tipo resterà sostanzialmente invariata (+0,4%) nel terzo trimestre del 2023. Infatti nel decreto si legge che, tale Autorità, provvederà “a mantenere azzerate, per il medesimo trimestre, le aliquote delle componenti tariffarie relative agli oneri generali di sistema per il settore del gas”.

Bonus Bollette extra

E’ stato, infine, introdotto un contributo extra per i mesi da ottobre a dicembre, per le famiglie in difficoltà economiche, già titolari del bonus sociale elettrico. Questo nuovo contributo, il cui ammontare verrà definito dall'Arera, interesserà circa 4 milioni di famiglie. Tale bonus andrà ad aumentare a seconda del numero dei componenti del nucleo famigliare preso a tutela.
Obiettivo dello Stato è quello di portare le famiglie italiane ad una riduzione di spesa per l’energia elettrica pari al 30% sull’ e del 15% per quella del gas rispetto all’esborso attuale. Ciò consentirebbe a milioni di cittadini di tirare un sospiro di sollievo in un periodo di grossi affanni.


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Legge 104, novità INPS, da oggi più parenti potranno assistere lo stesso disabile: eliminato il limite del parente unico

Pubblicato il: 27/11/2023

In Italia, sono molti a beneficiare della Legge 104, n. 1992, e lo Stato cerca di supportare i soggetti disabili e le loro famiglie, prevedendo anche agevolazioni fiscali.
Nella vita di tutti i giorni, difatti, i portatori di handicap possono incorrere in diverse difficoltà, e anche la vita dei familiari non è semplice. Tra questi, spunta la figura del caregiver, ossia la persona che si prende cura e presta assistenza del proprio parente con disabilità accertata.

In merito al caregiver, occorre sapere che, secondo la normativa, nel nostro paese ogni persona con disabilità grave poteva sceglierne soltanto uno, individuandolo tra i familiari o altre persone di fiducia. Difatti, vigeva il principio del “referente unico dell’assistenza”. Il compito del caregiver era quello di coordinare le attività di assistenza e di cura della persona disabile, anche collaborando, nel caso, con altre figure professionali.
Da un lato, tale limitazione ad un solo soggetto aveva il fine di rendere più stabile l'organizzazione dell’assistenza, ma ciò comportava difficoltà, in particolare perché la persona disabile si ritrovava a dover optare per un unico soggetto, magari non in grado di gestire da solo la situazione.
Ebbene, come recentemente specificato dall'INPS nel messaggio n. 4143 del 22 novembre 2023, il principio del “referente unico dell’assistenza” è stato eliminato, potendo adesso il disabile grave scegliere più caregiver o figure professionali specializzate, in base alle proprie esigenze.

Difatti, nel predetto messaggio, l'INPS ha chiarito che il decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, entrato in vigore dal 13 agosto 2022, ha modificato l’art. 33 della legge n. 104/1992, eliminando il principio del “referente unico dell’assistenza” con riferimento alla fruizione dei permessi disciplinati dal comma 3 di tale articolo.
Ma in cosa consistono tali permessi legge? Ai sensi dell'art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità. Ebbene, mentre prima tale diritto non poteva essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità, vigendo il principio del "referente unico dell'assistenza", con le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 105/2022, adesso, fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l'assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, tale diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti, che possono fruirne in via alternativa tra loro.
Di conseguenza, uno stesso soggetto, affetto da disabilità grave, potrà avere più caregiver. Questo ovviamente evita che sia un solo familiare ad essere sovraccaricato e permette una maggiore flessibilità nella gestione dell'assistenza.

L'INPS, inoltre, ha fornito chiarimenti anche in merito alla fruizione del congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151/2001. In particolare, il congedo straordinario, ai sensi dell'art. 4, comma 2 della legge 8 marzo 2000, n. 53, può essere richiesto dai dipendenti pubblici e privati per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a 2 anni.
Ebbene, ex art. 42, comma 5bis del d.lgs. n. 151/2001, tale congedo, fruito ai sensi del comma 5, che appunto non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa, non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona.
Per quanto riguarda i genitori, invece, l'art. 42, comma 5bis del d.lgs. n. 151/2001 prevede che, per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore non può fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma 1 del d.lgs. n. 151/2001. L'art. 33, comma 1 del d.lgs. n. 151/2001 disciplina il prolungamento del congedo parentale.

Ebbene, al riguardo, l'INPS ha specificato che, pur non essendo stato modificato il comma 5-bis dell’articolo 42 del decreto legislativo n. 151/2001, in base al quale, appunto, ad eccezione dei genitori, il congedo straordinario di cui al comma 5 e i permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona con disabilità grave, tuttavia tale disposizione va letta congiuntamente alla modifica apportata dal decreto legislativo n. 105/2022 all’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, che, per i relativi permessi, come si è detto, ha eliminato il principio del “referente unico dell’assistenza”.

Di conseguenza, l'INPS ha chiarito che, fermo restando che il congedo straordinario non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona con disabilità grave, è invece possibile autorizzare sia la fruizione del predetto congedo che la fruizione dei permessi di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992 a più lavoratori per l’assistenza allo stesso soggetto con disabilità grave, alternativamente e purché non negli stessi giorni.
Questo significa che può essere accolta una domanda di congedo straordinario relativa a periodi per i quali risultino già rilasciate autorizzazioni per la fruizione di tre giorni di permesso mensili di cui all’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, o del prolungamento del congedo parentale, disciplinato dall'art. 33 del decreto legislativo n. 151/2001, o delle ore di permesso alternative al prolungamento ex art. 33, comma 2, della legge n. 104/1992 e art. 42, comma 1, del decreto legislativo n. 151/2001 per assistere la stessa persona disabile in situazione di gravità.
Allo stesso modo, per i mesi in cui risultino già autorizzati periodi di congedo straordinario, potranno essere autorizzate domande per fruire di tre giorni di permesso mensile/prolungamento del congedo parentale oppure di ore di permesso alternative al prolungamento del congedo parentale presentate da altri referenti, per assistere la stessa persona disabile in situazione di gravità. Ciò che conta, e che viene ribadito dall'INPS, è che i suddetti benefici non possono essere fruiti nelle medesime giornate, trattandosi di istituti rispondenti alle medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità, e devono, quindi, intendersi alternativi.

Questi gli ultimi utili chiarimenti forniti dall'INPS, nel recentissimo messaggio n. 4143 del 22 novembre 2023. Si spera che, in questo modo, la gestione dell'assistenza dei soggetti disabili sia più agevole.


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Pignoramento conto corrente, ecco come sbloccare velocemente il tuo conto pignorato

Pubblicato il: 26/11/2023

Il pignoramento del conto corrente è l'incubo di ogni debitore, ma cosa puoi fare se ti capita? Scopriamolo insieme.

In primo luogo, quando si rischia il pignoramento del conto corrente? Se ho un debito nei confronti di qualcuno, il creditore può subito bloccarmi il conto? Naturalmente no. Cerchiamo di capire come funziona la procedura.

Innanzitutto, il creditore che vuole procedere al pignoramento del conto corrente del debitore deve essere in possesso di un titolo esecutivo attestante la sussistenza del proprio credito. Esempi di titoli esecutivi sono la sentenza, il decreto ingiuntivo (purché sia già provvisoriamente esecutivo o, in alternativa, lo sia divenuto per mancata opposizione da parte del debitore nel termine di 40 giorni), la cambiale etc.
Il creditore, oltre a possedere il titolo esecutivo, deve notificarlo al debitore. Ma ciò non è sufficiente per procedere al pignoramento, in quanto occorre anche la notifica del precetto.
Il precetto, difatti, è l'atto con cui il creditore intima al debitore di adempiere l'obbligo che risulta dal titolo esecutivo entro un termine non minore di 10 giorni, con l'avvertimento che, nel caso non adempia, si procederà all'esecuzione forzata.

Una volta notificato il precetto, a cui il debitore potrà opporsi, qualora ravvisi motivi di opposizione, il creditore deve quindi attendere 10 giorni, trascorsi i quali, se l'inadempimento persiste, può procedere con il pignoramento del conto corrente. Si parla, in questi casi, di pignoramento presso terzi, dove il terzo può essere, ad esempio, un istituto bancario o le Poste Italiane, ossia un istituto presso il quale il debitore detiene un conto corrente.
Al riguardo, è importante sapere che il creditore si muoverà in fretta dopo la notifica del precetto, alla scadenza del termine di 10 giorni, in quanto il precetto ha un'efficacia limitata. Dopo 90 giorni dalla notifica, difatti, ai sensi dell'art. 481 del Codice di procedura civile, lo stesso diviene inefficace se il creditorenon ha iniziato l'esecuzione forzata. Il creditore dovrà quindi procedere ad una nuova notifica del precetto, che viene definito, in questi casi, "precetto in rinnovazione".

Quindi, se ricevi la notifica di un precetto e non adempi nel termine di 10 giorni, sappi che in qualsiasi momento potrebbe esserti pignorato il conto corrente, nel caso ovviamente tu ne possegga uno. Il pignoramento presso terzi è disciplinato, in particolare, dall'art. 543 del Codice di procedura civile, e viene notificato contestualmente al debitore e al terzo pignorato (ad esempio la banca). La banca, qualora ovviamente il conto corrente sia capiente, ha l'obbligo di vincolare le somme pignorate dal creditore. Ma, attenzione, sappi che la somma pignorata è superiore a quella precettata, in quanto il limite del pignoramento coincide con la somma precettata aumentata della metà. Un esempio: se il creditore intima al debitore, nell'atto di precetto, di pagare la somma di euro 1000, potrà poi notificare un pignoramento per euro 1500.
La banca sarà quindi tenuta al vincolo delle somme, fino alla concorrenza del credito.

Arrivati a questo punto, per il debitore iniziano i problemi. Ma se ti stai chiedendo se esiste un modo veloce per sbloccare il conto corrente, una volta che ti è stato notificato il pignoramento, la risposta è . Quello che puoi fare è pagare il debito. Naturalmente, se paghi a questo punto della procedura, non dovrai corrispondere la somma pignorata ma quella precettata (cioè quella precedente all'aumento della metà) e generalmente le spese di notifica del pignoramento.
Accordarti col creditore e saldare il debito, per quanto possa pesarti, è il modo più veloce per far sì che il conto ti venga sbloccato. In questo modo, eviterai che la procedura vada avanti. Una volta soddisfatto, difatti, il creditore potrà comunicare all'istituto di credito che non proseguirà con il pignoramento. Ma, bada bene, il conto non ti verrà sbloccato nell'immediato.
Difatti, devi sapere che, una volta notificato il pignoramento, il creditore deve procedere ad iscriverlo a ruolo. In pratica, l'avvocato del creditore, una volta ritirato dall'ufficiale giudiziario l'atto notificato, avrà 30 giorni per procedere all'iscrizione a ruolo, altrimenti il pignoramento diverrà inefficace, ai sensi dell'art. 543 del Codice di procedura civile e 164 ter delle Disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.
Ciò premesso, se procedi con il pagamento del debito una volta che ti è stato notificato l'atto di pignoramento, il creditore naturalmente non iscriverà a ruolo lo stesso, ma dovrà attendere comunque che decorra il predetto termine di 30 giorni. Una volta scaduto tale termine, potrà comunicarne l'inefficacia all'istituto di credito, che procederà, finalmente, allo sblocco del conto.

Sulla base di ciò, ti consigliamo quindi di non aspettare che ti venga notificato il pignoramento, ma di provare a soddisfare il creditore già quando ti viene notificato il precetto (se non prima), magari tentando di trovare un accordo che preveda, ad esempio, una rateizzazione del debito.


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Novità bonus affitto e mutuo 2024: fino a 2000 euro di incentivo ed è cumulabile nello stesso nucleo familiare

Pubblicato il: 25/11/2023

Tra le misure a sostegno dei lavoratori, la Legge di Bilancio 2024 ha inserito il cd. “bonus affitto e mutuo” (erogabile fino a massimo euro 2.000,00) in favore di coloro che hanno stipulato un contratto di affitto o che pagano la rata di un di mutuo.

Sicuramente questa misura può risultare particolarmente vantaggiosa per i lavoratori, soprattutto considerando l’odierno mercato immobiliare caratterizzato da affitti che si innalzano sempre di più e tassi d’interesse dei mutui che sono arrivati a livelli record, anche rispetto a quelli praticati nei principali Stati europei.

I destinatari della misura in commento, prevista attualmente all’art. 6 della Legge di Bilancio 2024, sono i lavoratori dipendenti.
Difatti, il bonus affitto e mutuo rientra nella più ampia categoria dei cd. “fringe benefits” (come, ad esempio, buoni pasto, polizze assicurative, auto aziendali ecc.), ossia in forme di retribuzione accessorie e secondarie (da associare alla retribuzione ordinaria percepita dal lavoratore) consistenti dalla messa a disposizione di beni e/o servizi da parte del datore di lavoro.

In particolare, l’art. 6 della Legge di Bilancio 2024 (nella sua attuale formulazione) prevede il rimborso “delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa”, oltre la già applicata (nel corso del 2023) misura del rimborso delle utenze domestiche come acqua, luce e gas.
 
Il lavoratore potrà ottenere tale bonus, fino ad un massimo di euro 2.000,00 per i dipendenti con figli a carico ed euro 1.000,00 negli altri casi, per coprire le spese di affitto dell’abitazione principale o gli interessi del mutuo per l’acquisto della prima casa.
 
Quanto agli affitti, la quota rimborsabile andrà calcolata in rapporto al canone di locazione, mentre per quanto riguarda il mutuo per l’acquisto della prima casa saranno rimborsabili gli interessi sul capitale finanziato.
 
L’accesso al “bonus affitto e mutuo”, tuttavia, non è automatico per il lavoratore: sarà il datore di lavoro (azienda) a dover decidere se aderire o meno alla misura prevista dal Governo.
 
In ogni caso, anche in caso di adesione del datore di lavoro alla misura in commento, il lavoratore dovrà comunque presentare apposita domanda, rappresentando (i) di aver diritto al bonus, fornendo la relativa documentazione a supporto (es. contratto di affitto o di mutuo), nonché (ii) i dati anagrafici degli eventuali figli a carico (anche qualora si tratti di figli nati fuori dal matrimonio e riconosciuti, adottivi o in affidamento).
 
Peraltro, il bonus affitto e mutuo è cumulabile nello stesso nucleo familiare: nel caso in cui entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti, ambedue possono farne richiesta ed ottenerlo in busta paga.
 
Importante sottolineare altresì che tale bonus – se riconosciuto ed erogato – non contribuisce alla formazione di reddito di lavoro dipendente e non sarà tenuto in considerazione, quindi, né ai fini IRPEF né per il calcolo dei contributi previdenziali.
 
In ogni caso si segnala che il testo della Legge di Bilancio 2024 attualmente si trova ancora in corso di approvazione parlamentare, per cui la norma potrebbe subire ulteriori modifiche.


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Nuovo concorso Agenzia delle Entrate, 30 posti da Funzionario a tempo indeterminato, manca poco al termine

Pubblicato il: 25/11/2023

Una nuova opportunità all’orizzonte per ottenere il tanto agognato “posto fisso”.
Infatti, Agenzia delle Entrate, con il bando del 10 novembre 2023, ha indetto un concorso per l’assunzione a tempo indeterminato di n. 30 unità per l’Area Funzionari, destinate agli uffici dell’Ente situati in provincia di Bolzano.

I posti messi a concorso saranno ripartiti proporzionalmente tra i vari gruppi linguistici: 4 posti per il gruppo linguistico italiano, 22 posti per il gruppo linguistico tedesco e 4 posti per il gruppo linguistico ladino.

I requisiti specifici di ammissione per partecipare al concorso (oltre, quindi, i requisiti “generali” necessari per la partecipazione a qualsiasi concorso pubblico) sono:

a) il possesso del titolo di studio, che potrà essere:
– Laurea triennale in Scienze dei servizi giuridici (L-14); Scienze dell’Amministrazione e dell’Organizzazione (L-16); Scienze politiche e delle relazioni internazionali (L-36); Scienze economiche (L-33), Scienze dell’Economia e della gestione aziendale (L-18); oppure
– Diploma di laurea in giurisprudenza, scienze politiche, economia e commercio, conseguito secondo l’ordinamento di studi previgente al D.M. n. 509/99 o titolo equipollente per legge; oppure:
– Laurea specialistica o magistrale equiparata ai suddetti diplomi di laurea secondo quanto stabilito dal Decreto interministeriale del 9 luglio 2009;

b) il possesso dell’attestato di conoscenza delle lingue italiana e tedesca (oltre della lingua ladina per i concorrenti della relativa classe di concorso);

c) la residenza in provincia di Bolzano da almeno due anni (che rappresenta titolo di precedenza).

Inoltre, a pena di esclusione dal concorso, ciascun candidato dovrà presentare il certificato di appartenenza o aggregazione ad uno dei tre gruppi linguistici. Tale certificato potrà essere ottenuto rivolgendosi al Tribunale di Bolzano (la relativa procedura è dettagliatamente indicata all’interno del bando di concorso).

La domanda, adeguatamente compilata sulla base del modello presente sul sito dell’Agenzia delle Entrate, dovrà poi essere inviata a mezzo p.e.c. (all’indirizzo indicato nel bando).

Il termine per la presentazione delle domande è fissato per il giorno 14 dicembre 2023, ore 18:00.

Il concorso si articola su un’unica prova scritta che verterà sulle seguenti materie:

· diritto tributario ed elementi di teoria dell’imposta;
· diritto civile e commerciale;
· diritto amministrativo;
· contabilità aziendale;
· elementi di diritto penale, con particolare riferimento ai reati contro la pubblica amministrazione e ai reati tributari;
· ordinamento giuridico-amministrativo locale, con particolare riferimento alle disposizioni del D.P.R. 26 luglio 1976, n. 752 e D.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, nonche storia e geografia locali.

Le modalità e le date di svolgimento della prova scritta saranno pubblicate il giorno 11 gennaio 2024 sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

In ogni caso, per ogni ulteriore informazione, si consiglia la lettura del bando di concorso completo pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate.


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Eredità, ti sei accorto che la divisione ereditaria non è equa: ecco cosa puoi fare per contestarla e ripartire i beni

Pubblicato il: 24/11/2023

Quando una persona muore, capita molto spesso che ci siano più eredi. Pensa, ad esempio, all’uomo che lascia moglie e figli. In casi come questo, con l’apertura della successione, se non c’è un testamento che dispone la ripartizione dei beni tra gli eredi (art. 734 del c.c.), ci sarà una comunione ereditaria: ossia, tutti gli eredi diventano comproprietari dei beni e contitolari dei rapporti (diritti e debiti) che appartenevano al defunto. Si dice che ogni coerede è contitolare di una quota dei beni e dei rapporti che erano del morto.

Gli eredi possono sciogliere la comunione. Come? Attraverso la divisione ereditaria (artt. 713 e ss. c.c.). In questo modo, ciascun erede diventa il solo proprietario di determinati beni, per un valore corrispondente a quello della sua quota ereditaria.

E se nascono dubbi su come è stata effettuata la divisione? L’erede può fare qualcosa e impugnare la divisione ereditaria? Capiamo cosa stabilisce la legge.

Come detto, la comunione ereditaria si scioglie attraverso un procedimento di divisione. Devi sapere che ci sono varie tipologie di divisione ereditaria. Tutto dipende dai coeredi: se questi riescono o meno a mettersi d’accordo.

Si ha divisione amichevole se tutti gli eredi concordano sull’effettuare la divisione e su come su come ripartire i beni. In tal caso, la divisione si realizza con un accordo tra i coeredi che si chiama contratto di divisione.

Quando gli eredi non si accordano, l’unica soluzione è rivolgersi al giudice. Infatti, si parla anche di divisione giudiziale: si avrà una vera e propria causa civile per stabilire la divisione ereditaria.

Ma cosa succede se uno degli eredi ritenga che la suddivisione dei beni del patrimonio ereditato non sia stata fatta correttamente? L’erede può contestare la divisione ereditaria?

La risposta è sì. Però, ci sono delle precisazioni da fare.

Nel caso di divisione amichevole e di contratto di divisione, prima di tutto, è necessario procedere ad una perizia dei beni che fanno parte dell’eredità. Questo è un passo necessario per fare verificare l’ammontare delle quote ereditarie.

Oltre a ciò, quando nel patrimonio del defunto ci sono anche beni immobili, gli eredi saranno obbligati ad andare dal notaio per redigere l’atto di divisione.

Potrebbe accadere che, dopo aver accettato la divisione, uno degli eredi abbia dei dubbi sulla correttezza della ripartizione del patrimonio ereditario. E se ha subito un danno?

Che dice la legge in questi casi? L’erede può fare qualcosa se la divisione è stata sbagliata?

Certo, errare è umano e, dunque, lo sbaglio nella stima potrebbe essere in buona fede (il classico esempio del perito che valuta i beni al di sotto del loro effettivo valore). Però, potrebbe anche accadere che l’errore sia stato volontario (ad esempio, è il caso di truffa ai danni del coerede).

Cosa permette di fare la legge in queste due ipotesi?

Il codice civile (l’art. 761 del c.c.) precisa che l’erede può chiedere l’annullamento della divisione quando questa è l’effetto di violenza o di dolo. In tal caso, l’annullamento può essere richiesto entro cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o dal giorno in cui il dolo è stato scoperto.

Ancora, il codice civile (l’art. 763 del c.c.) stabilisce che il coerede può richiedere la rescissione per lesione quando la divisione ereditaria è stata realizzata in modo errato perché è stato compiuto un errore nel calcolo del valore dei beni ereditari e questo errore è superiore al 25%.

Quindi, sì, il coerede può impugnare la divisione ereditaria contrattuale, anche se nata dall’accordo di tutti gli eredi.


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Acquisto auto con la legge 104, tutte le agevolazioni, a chi va intestata, chi la può guidare: ecco cosa dice la legge

Pubblicato il: 24/11/2023

Devi acquistare un'auto e benefici della legge 104/1992? Dovresti sapere che esistono delle apposite agevolazioni. In particolare, si ha il diritto di usufruire di:

  • detrazione IRPEF del 19%;
  • IVA agevolata al 4%;
  • esenzione dal pagamento del bollo auto;
  • esenzione dal pagamento dell'imposta provinciale di trascrizione (IPT).

Proseguendo nella lettura, scoprirai come beneficiare dell'IVA agevolata al 4% e della detrazione IRPEF del 19%.
Prima di tutto, devi sapere che tali agevolazioni sono previste appunto in caso di acquisto di un'auto destinata unicamente o prevalentemente a beneficio di soggetti con disabilità, e possono essere richieste dal portatore di handicap o da un suo familiare, a patto che il soggetto disabile risulti fiscalmente a carico dello stesso. Di conseguenza, l'autovettura dovrà essere intestata ad uno di questi due soggetti: o la persona disabile, o il familiare che lo abbia fiscalmente a carico. In caso contrario, non si potrà usufruire delle agevolazioni previste. In particolare, nel caso di auto intestata al familiare, è importante sottolineare che, per poter considerare una persona fiscalmente a carico, è necessario che tale persona (in questo caso il portatore di handicap) possieda un reddito annuo complessivo non superiore ad euro 2.840,51. Il limite è elevato ad euro 4.000 nel caso si tratti di figlio con età non superiore a 24 anni.

Inoltre, per acquistare un'auto beneficiando delle agevolazioni previste dalla legge 104/1992, il soggetto beneficiario deve possedere una disabilità grave. Deve trattarsi quindi, ad esempio, di persone:

  • non vedenti o colpite da cecità assoluta o che presentano un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi con eventuale correzione;
  • non udenti;
  • con handicap psichico o mentale titolari dell’indennità di accompagnamento;
  • con grave limitazione della capacità di deambulazione;
  • affette da pluriamputazioni;
  • con ridotte o impedite capacità motorie.

Ma vediamo in cosa consistono le agevolazioni in materia e come ottenerle.
In primo luogo, la persona che presenta le predette gravi disabilità o il familiare che la ha fiscalmente a carico, può chiedere l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata al 4%, piuttosto che al 22%.
Tale aliquota IVA agevolata è applicabile sia per l'acquisto di veicoli nuovi che usati.
Per quanto riguarda i limiti di cilindrata, è possibile acquistare veicoli con cilindrata fino 2.000 centimetri cubici, se si tratta di veicoli con motore a benzina o ibrido, fino a 2.800 centimetri cubici, se con motore diesel o ibrido, di potenza non superiore a 150 kW se con motore elettrico.
L’Iva ridotta al 4% è applicabile anche per l’acquisto contestuale di optional, nonché alle prestazioni di adattamento di veicoli non adattati, già posseduti, anche nel caso siano superiori ai limiti di cilindrata indicati, nonché alle cessioni di strumenti e accessori utilizzati per l’adattamento.
L'agevolazione è applicabile, inoltre, una sola volta nel corso di 4 anni, che decorrono dalla data di acquisto, e tale beneficio è ottenibile nuovamente in questo lasso di tempo soltanto se il precedente veicolo è stato cancellato dal PRA, ossia il Pubblico registro automobilistico, in quanto destinato alla demolizione, o nel caso il primo veicolo acquistato con le agevolazioni fiscali sia stato rubato e non ritrovato, esibendo, naturalmente, la denuncia di furto del veicolo e la registrazione della “perdita di possesso” effettuata dal PRA. Non è invece possibile riottenere il beneficio, nel quadriennio, se il veicolo è stato cancellato dal PRA perché esportato all’estero.
Ma si può perdere il diritto all'agevolazione? Sì, se il veicolo viene ceduto prima che siano decorsi due anni dall’acquisto. In questo caso, occorrerà versare la differenza fra l’imposta dovuta in assenza di agevolazioni (22%) e quella risultante dall’applicazione delle agevolazioni stesse (4%), a meno il disabile non abbia ceduto il veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare adattamenti nuovi e diversi, a causa delle mutate condizioni di salute.

Ma quale documentazione occorre per usufruire dell'IVA agevolata in caso di acquisto auto con legge 104/1992?
Occorrono i seguenti documenti:

  • certificazione attestante la condizione di disabilità;
  • dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che, nei quattro anni precedenti alla data di acquisto, non è stato acquistato un altro veicolo usufruendo delle agevolazioni. Nel caso di acquisto nel quadriennio, nelle ipotesi in cui è ammesso, si dovrà produrre altresì il certificato di cancellazione rilasciato dal PRA;
  • copia dell’ultima dichiarazione dei redditi o autocertificazione da cui risulti altresì, nel caso di auto da intestare al familiare della persona disabile, che tale soggetto sia fiscalmente a carico dell'intestatario.

Nel caso si tratti di disabili con ridotte o impedite capacità motorie, per i quali sia necessario un adattamento del veicolo, occorre altresì presentare:

  • fotocopia della patente di guida speciale;
  • fotocopia della carta di circolazione, da cui risultino gli adattamenti necessari;
  • copia della certificazione di handicap o invalidità rilasciata da una Commissione pubblica deputata all’accertamento di tali condizioni, in cui sia esplicitamente indicata la natura motoria della disabilità;
  • autodichiarazione dalla quale risulti che trattasi di disabilità comportante ridotte capacità motorie permanenti, come attestato dalla certificazione medica in possesso.

Per quanto riguarda, invece, la detrazione Irpef del 19% sulla spesa sostenuta per l'acquisto dell'auto, questa vale per auto senza limiti di cilindrata e va calcolata su una spesa massima di 18.075,99 euro.
Anche tale agevolazione spetta una sola volta nell'arco di un quadriennio decorrente dalla data di acquisto, a meno che il veicolo precedentemente non sia rubato o non sia stato cancellato dal PRA perché destinato alla demolizione, come abbiamo visto per l'IVA agevolata.
Inoltre, anche per tale agevolazione, si perde il diritto al beneficio se il veicolo viene ceduto, a titolo oneroso o gratuito, nei due anni dall’acquisto.
Ma attenzione! Sia per la detrazione IRPEF del 19% che per l'IVA agevolata al 4%, la perdita del beneficio non si verifica, invece, se si riceve in eredità un’auto che il genitore con disabilità aveva acquistato usufruendo delle agevolazioni e la si rivende prima che siano trascorsi i due anni.


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Nuovo obbligo per le auto dal 2024, renderà obsoleti molti modelli: ecco cosa sarà indispensabile per circolare

Pubblicato il: 23/11/2023

Il mondo delle automobili conoscerà una vera rivoluzione nell’estate del 2024 e molti modelli di vetture potrebbero dirci addio. Il motivo?

L’Europa vuole aumentare la sicurezza stradale, riducendo gli incidenti e le morti da strada. Per fare questo, come previsto dalle norme del General Safety Regulation 2 (si parla sinteticamente di GRS2), da luglio 2024, tutte le auto dovranno obbligatoriamente avere dotazioni di sicurezza minima. Ogni vettura (auto, camion, veicoli commerciali, camper) dovrà montare una serie di “aiuti alla guida”: sono i cd. sistemi A.D.A.S. (dall’inglese Advanced Driver Assistance System).

E che succede se le auto non avranno questi sistemi A.D.A.S.? Non avranno i requisiti per rientrane nei parametri dell’omologazione. Questo significa che, da luglio dell’anno prossimo, le auto nuove di prima immatricolazione dovranno essere tutte a norma.

È un passo in avanti che condannerà alcuni modelli di auto a scomparire. Ma quali sono le auto che rischiano con questa nuova normativa? Scopriamolo insieme.

Bisogna tenere presente che, tra questi “aiuti alla guida”, c’è il sistema di frenata automatica. In pratica, se c’è il pericolo di uno scontro tra l’auto e un altro veicolo o un pedone, il sistema invia un segnale al conducente (ad esempio, un avvertimento sonoro o visivo). Se il guidatore non reagisce in tempo, il sistema attiva automaticamente i freni. Chiaramente, lo scopo è evitare la collisione o comunque ridurre la gravità dell’urto.

Un altro “aiuto alla guida” è l’assistenza intelligente alla velocità (Intelligent Speed Assistance). L’I.S.A. è uno strumento collegato ad una telecamera che è capace di catturare i segnali GPS e di leggere la segnaletica stradale, avvisando il guidatore dei limiti di velocità che incontrerà lungo un determinato tratto. Addirittura, nei sistemi di ultima generazione, l’I.S.A. è in grado di adeguare la velocità del veicolo ai limiti stabiliti.

Si tratta di dispositivi che, dal 2024, dovranno essere necessariamente presenti su tutte le auto. Ciò vuol dire che i costruttori dovranno adeguare quei modelli che oggi ne sono sprovvisti. E, soprattutto per i modelli più vecchi, il gioco potrebbe non valere la candela: il pericolo è che questi vengano tolti dalla produzione.

Questo, a maggior ragione, se si pensa che ci sono anche altri sistemi A.D.A.S. come quello di riconoscimento di sonnolenza e distrazione del conducente (ad esempio, rilevazione di stanchezza in base ai movimenti del volante e allerta con avvisi sonori) o il dispositivo alcolock. Questo dispositivo è una specie di etilometro collegato all’auto: il conducente deve soffiare in una cannuccia e questo strumento non permetterà la partenza se rileva un tasso di alcool superiore ad un certo limite.

A questi strumenti di assistenza alla guida, si deve anche aggiungere che tutte le auto dovranno montare una scatola nera. Così da poter registrare tutti i dati fondamentali in caso di incidente: velocità, azionamento dei freni e qualsiasi altro elemento necessario.

A quali auto dovremo dire addio a partire da luglio 2024?

I mercati europei dovranno certamente salutare alcuni modelli di auto. Ad esempio, la Smart Fortwo, la Fiat 500X e la Jeep Renegade: infatti, tutte queste auto sono destinate ad uscire di produzione nel 2024. In questo caso, il loro futuro è già segnato.
Invece, altri modelli continueranno ad essere prodotti con tutti gli strumenti a norma. Su tutti, certamente, la Fiat continuerà la produzione della Fiat Panda: questo modello sarà aggiornato alle nuove norme europee e resterà in produzione fino al 2026.

Una rivoluzione, quindi, che farà selezione naturale anche tra le nostre autovetture.


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