Mutui prima casa giovani under 36, c’è la proroga: ecco cosa cambierà rispetto all’attuale agevolazione

Pubblicato il: 02/10/2023

I giovani in Italia hanno sempre più difficoltà ad acquistare una casa. Questo a causa del difficile contesto lavorativo, per cui spesso non riescono a sostenere l’onere del mutuo o a fornire le idonee garanzie.
Cosa fare quindi? Rimanere a casa da mamma e papà sembra una scelta poco allettante al pari di dover pagare a vita un appartamento in fitto: decisamente non conveniente.

A gettare un salvagente in aiuto dei giovani ci ha pensato il Governo con le agevolazioni del mutuo prima casa per gli under 36. Questa misura, varata già nel 2021 e in scadenza a fine settembre 2023, permette di accedere ad alcune agevolazioni sulle imposte d’acquisto e sul mutuo. Tale misura, verrà prorogata fino al 31 dicembre del 2023 secondo il recente Decreto Proroghe.
La buona notizia è che che tale agevolazione dovrebbe essere ulteriormente prorogata fino al 31 dicembre 2024.
Attenzione però, non è tutt’oro quel che luccica. Infatti, pare che tale proroga conterrà diverse modifiche rispetto alla misura attuale che andranno a restringere notevolmente la platea di giovani che potranno usufruirne.

Cosa prevede l’attuale agevolazione mutui under 36?
Con l’attuale normativa, con scadenza dicembre 2023, i mutui agevolati per gli under 36, danno la possibilità ai giovani di ottenere dei finanziamenti dalle banche fino a un massimo di 250 mila euro, potendo sfruttare la garanzia all’80% del valore capitale del mutuo offerta dal Fondo Consap.
Nello specifico, secondo la norma attuale, i giovani possono accedere ai mutui agevolati se sono in possesso dei seguenti requisiti: un’ età non superiore ai 36 anni compiuti ed il possesso un Isee, nel 2021, inferiore a 40mila euro.

In più, attualmente, un altro requisito fondamentale è quello di non essere proprietari di altri immobili, sia in Italia che all’estero, ad esclusione di immobili a uso abitativo derivanti da cessione a titolo gratuito o successione mortis causa. Tale ultimo requisito dovrebbe rimanere invariato anche con l’eventuale proroga 2024.

Cosa prevede la proroga 2024
Tali agevolazioni per l’acquisto della prima casa da parte degli under 36 potrebbero essere prorogate fino a dicembre 2024. Tale proposta è contenuta negli emendamenti del decreto Asset (D.L. 10 agosto 2023 numero 104). La stessa, tutt’oggi è ancora in fase di lavorazione e se verrà accettata, comporterà diversi cambiamenti.

Innanzitutto, a mutare potrebbe essere il requisito legato all’isee, portando il limite del reddito da 40mila euro a 30mila euro. Quindi, la soglia isee dovrebbe abbassarsi di circa 10mila euro, andando a restringere la forbice degli eventuali beneficiari della misura.
Rimane invece invariato, il limite anagrafico per gli under 36. Quindi, dell’eventuale proroga potranno usufruirne i nati dal 1988 in poi.

Ancora, a scendere dovrebbe essere anche la garanzia offerta dal Fondo Consap prima casa, cioè il serbatoio finanziario dal quali il bonus attinge, che dall’attuale 80% del valore capitale del finanziamento potrebbe scendere al 50%.
Infine dal 2024, l’accesso al suddetto fondo, potrebbe essere riservato solo:
– alle giovani coppie;
– ai nuclei familiari con un solo genitore e figli minori;
– ai giovani under 36;
– ai conduttori degli istituti autonomi per le case popolari.

Se da un lato, quindi, il Governo sta lavorando ad una proroga favorevole a tanti giovani, dall’altro, lo Stato potrebbe inserire nuovi paletti, andando a ridurre in modo significativo il numero di persone che andrebbero ad accedere alla nuova agevolazione.


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“Sei in punizione”, “ti caccio di casa”: attenzione, minacciare il proprio figlio può configurare un reato

Pubblicato il: 30/09/2023

“Se non fai i compiti, niente uscita con gli amici” oppure “o finisci di comportarti male o niente telefono per un mese”. Quante volte i genitori utilizzano la minaccia verso i propri figli per rimproverarli? Accade anche nelle migliori famiglie.

Se un genitore minaccia al figlio una punizione esemplare, commette reato? Scopriamolo insieme.
 
In linea generale, la minaccia è reato: l’art. 612 c.p. punisce colui che spaventa un altro soggetto, prospettandogli un danno ingiusto. È un comportamento punito con la multa fino a 1.032 euro.
 
E la minaccia è reato, indipendentemente dal legame che c’è tra minacciante e minacciato: questo significa che essere “genitore” non può essere una causa di giustificazione. Quindi, anche il genitore può essere denunciato dal figlio per minacce.
 
È chiaro che si dovrà vedere quando la minaccia acquista rilevanza penale.
 
Innanzitutto, è necessario che si prospetti un ingiusto danno. Se non sai cos’è, continua a leggere: l’ingiusto danno è la lesione di un interesse giuridicamente rilevante, che è contraria alla legge. Di conseguenza, almeno teoricamente, potrebbe esserci reato se il genitore si rivolge al figlio dicendogli “basta o ti tiro un pugno in faccia!”.
 
Ma questo è sufficiente per una querela per minacce? La risposta è no.
Infatti, la giurisprudenza ha sottolineato che il reato c’è quando il male ingiusto minacciato è verosimile e va a spaventare realmente la vittima.
 
Quindi, la punizione minacciata deve essere credibile: ossia, realizzabile nel caso concreto. Se un genitore è sempre stato accondiscendente e questo minaccia il figlio dicendogli “ti caccio di casa!”, è molto probabile che il figlio sia conscio che il male ingiusto prospettato non si concretizzerà. Discorso diverso va fatto per il genitore manesco che minaccia “smettila o ti faccio male!”.   
 
Inoltre, la punizione minacciata deve impaurire il figlio. “Da oggi niente dolci per una settimana” è una minaccia che difficilmente può avere un effetto intimidatorio sulla prole.
 
Certo, il più delle volte, non può parlarsi di reato perché il figlio, che conosce bene i propri genitori, sa bene che quella punizione prospettata non verrà mai realizzata.
 
Però, quando la minaccia è penalmente rilevante, il figlio può denunciarlo? La risposta è sì.
 
Peraltro, il genitore può essere denunciato anche dal figlio minorenne.
 
Se il minore ha compiuto quattordici anni, lui stesso potrà direttamente sporgere querela nei confronti del genitore.
 
Sotto i quattordici anni, nell’interesse del minore, la denuncia potrà essere presentata dall’altro genitore che esercita la potestà genitoriale.
E se c’è un solo genitore? In questo caso, su richiesta del minore o del Pubblico Ministero, il giudice nominerà un curatore speciale, che potrà sporgere denuncia per il minorenne.
 
D’altra parte, i genitori devono stare comunque attenti, anche quando la minaccia non configura reato. Vuoi sapere perché? Cerchiamo di capirlo.
 
Se il genitore utilizza in modo inadeguato e costante la minaccia come strumento correttivo o educativo nei confronti dei propri figli, si rischia di incorrere nel reato di abuso dei mezzi di correzione ai sensi dell’art. 571 c.p.: infatti, la Corte di Cassazione ha precisato che questo reato presuppone l’uso inadeguato di metodi, strumenti e comportamenti correttivi o educativi che normalmente sono ammessi.
 
E non si scherza perché l’abuso di mezzi di correzione è punito con la reclusione fino a sei mesi, se da questo comportamento deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente della vittima. La pena aumenta se dal fatto derivano conseguenze più gravi (come lesioni)
 
Come si dice, una minaccia va bene. Due sono troppe. Il genitore deve riprendere il proprio figlio cercando di evitare attacchi fisici e verbali.


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Diagnosi corretta cure sbagliate, risarcimento per errore medico: in quali casi è possibile richiederlo? Ecco come fare

Pubblicato il: 29/09/2023

Ennesimo caso di malasanità. Una donna con un ictus in corso, recatasi ad un pronto soccorso in provincia di Agrigento non avrebbe ricevuto le cure adeguate, riportando danni neurologici gravi e irreparabili, nonostante la diagnosi ricevuta fosse corretta.
I fatti risalgono al 2017. La donna, tramite i suoi legali ha presentato ricorso, chiedendo all’Azienda sanitaria siciliana un risarcimento del danno per oltre 370mila euro.

Nell’atto di costituzione in giudizio dell’Asp (Aziende pubbliche di servizi alla persona) si legge che, la paziente :"nonostante le fosse stata formulata la diagnosi descrittiva di ictus cerebrale e le condizioni fisiche generali deficitarie, non avrebbe ricevuto adeguate terapie atte ad arginare la patologia".
Le errate cure mediche, nonostante la diagnosi corretta, sono state riconfermate, diversi giorni dopo, dai medici del reparto di riabilitazione neurologica di una Fondazione siciliana (il cui nome è stato celato), dove la donna è stata poi ricoverata. Il personale medico ha parlato di "gravissimi postumi invalidanti", a seguito delle cure ricevute nella prima struttura ospedaliera, che avrebbero provocato conseguenze irreversibili.
Di parere opposto è l’azienda ospedaliera che sostiene che non può essere addebitata alcuna responsabilità né alla struttura sanitaria né al suo personale medico e che la donna avrebbe ricevuto le cure adeguate.

Errore medico: quando è possibile chiedere il risarcimento del danno?
Si parla di errore medico quando vi è una scelta terapeutica non adeguata che procura al paziente un peggioramento della sua situazione clinica, creando di fatti, un danno.
Pertanto, l’errore medico legittima il paziente a richiedere il risarcimento dei danni subiti. Questo principio generale, vale sia in caso di intervento chirurgico non eseguito in modo corretto, sia in caso di terapie sbagliate o somministrazione di farmaci che hanno provocato un danno clinico del paziente, esami clinici omessi, cure post intervento errate o insufficienti, malattie contratte in ospedale, infezioni da trasfusioni ecc..
Le ipotesi di responsabilità medica sono svariate e riportate spesso nei fatti di cronaca di tutti i giorni.
La negligenza del personale medico e sanitario può tradursi per il paziente in una patologia invalidante, che modificherà per sempre le sue condizioni di vita. Nei casi più gravi si può registrare anche il decesso del malato.

Nel primo caso è la persona stessa che ha subito l’errore medico che può chiedere il risarcimento del danno; nella seconda ipotesi, sono i congiunti o gli eredi che possono farne richiesta.
La Legge n. 24 del 2017 (c.d. “Legge Gelli-Bianco”) ha riformato la disciplina della responsabilità medica. L'art. 10 comma 1 della legge Gelli stabilisce l'obbligo per le strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, di dotarsi di una copertura assicurativa per la responsabilità civile. Ciò proprio per tutelare le eventuali vittime di malasanità, da un punto di vista patrimoniale. Permettendo alle stesse di poter essere comunque risarcite dalle assicurazioni, nell'eventualità che medici o strutture sanitarie non abbiano disponibilità economica.

I soggetti responsabili dell’errore medico e che quindi potranno essere chiamati in Tribunale per un’azione civile di risarcimento dei danni derivanti da responsabilità medica sono:

  • Il medico che ha stabilito la diagnosi, somministrato la terapia, eseguito l’intervento, ecc.
  • La struttura ospedaliera nella quale il medico opera in regime di convenzione o in qualità di dipendente.
Sarà possibile chiedere il risarcimento del danno a uno di tali soggetto o ad entrambi, nonché alle società assicurative che li tutelano.
Infine, si può agire anche da un punto di vista penalistico nei casi di lesioni colpose o addirittura omicidio colposo.

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Nuove regole fiscali, pignoramento automatico del conto corrente: ecco cosa devi sapere per tutelarti e difenderti

Pubblicato il: 28/09/2023

Tempi duri per i debitori del fisco! Immaginate di aver contratto un debito con l’erario non ancora saldato e di svegliarvi una mattina ed accorgervi che, dal vostro conto corrente, la banca ha detratto proprio quella precisa somma che dovevate allo Stato: un risveglio decisamente brusco.
Facciamo chiarezza, questa procedura non sarebbe possibile per i debiti dei privati ma riguarda solo i debiti contratti con l’Agenzia delle Entrate.

Pignoramento del conto corrente automatizzato
Oltre a molte nuove regole relative alla procedura di pignoramento di beni mobili e immobili, la legge delega fiscale ha previsto il cd. pignoramento del conto corrente automatizzato.
Tale nuova modalità di pignoramento ha lo scopo di rendere più rapide e snelle le procedure di recupero dei debiti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

E’ stato definito “pignoramento del conto corrente automatizzato” proprio perché può scattare anche in assenza di apposita autorizzazione del giudice nel momento in cui un cittadino, semplicemente, non salda il proprio debito con il fisco.
Quindi, non servirà la decisione del giudice per arrivare a pignorare il conto corrente. Come già precisato, si tratta di una procedura che può essere avviata solo dall’Agenzia delle Entrate e mai da creditori privati.

Ad essere esclusi da questo tipo di pignoramento: pensioni, assicurazioni sulla vita e assegni di accompagnamento per disabilità. In tali casi, per poter ottenere un pignoramento, anche l’Agenzia delle Entrate dovrà recarsi in Tribunale affinché autorizzi la procedura di pignoramento.
Invece, se il saldo del conto corrente da pignorare risultasse in negativo, l’erario potrà agire sulle entrate successive, bloccando il saldo futuro.

Novità pignoramenti su stipendi e polizze
Altra novità prevista dalla delega fiscale sono le modifiche ai limiti fissati per il pignoramento su stipendi e polizze vita.
La legge prevede specifici limiti al pignoramento di stipendi e conto correnti, i quali dipendono dall’importo dell’assegno sociale, che è soggetto a rivalutazione annuale.
Per il 2023, l’importo dell’assegno sociale è aumentato a 503,27 euro al mese per 13 mensilità.
Per legge non si può pignorare il minimo vitale che è pari al doppio dell’assegno sociale (il minimo vitale 2023 è di 1.006,54 euro). Se si è sotto tale soglia il conto diventa impignorabile.
Infine, sarà possibile pignorare lo stipendio, nel rispetto dei limiti previsti dalla legge, sia presso il datore di lavoro e sia sul conto corrente dove lo stipendio viene accreditato.

Altra importante novità riguarda le polizze assicurative. Secondo la nuova legge di delega fiscale, anche le polizze potranno essere soggette a pignoramento. Si fa riferimento alle polizze usate come investimento le cd. polizze speculative.
Sono impignorabili, invece, le polizze considerate come prodotti di carattere finanziario. Al pari ritroviamo le polizze vita previdenziali, che non possono essere pignorate. Ciò in quanto, tali polizze nascono dall’esigenza di tutela di sé stessi e dei propri familiari e vanno salvaguardate.

Come tutelarsi dai pignoramenti sul conto corrente?
Quindi come possiamo tutelarsi dallo svuotamento del conto corrente per mano del Fisco? Ci sono diverse tattiche che possono essere adottate:

  • Pagare i debiti tempestivamente;
  • Negoziare con i creditori per modificare i termini del debito;
  • Affidarsi a un consulente legale.

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Decreto energia 2023, importanti novità su bonus benzina e bonus bollette luce e gas: ecco tutte le novità approvate dal CdM

Pubblicato il: 26/09/2023

Nell'ultimo anno è divenuto l'argomento principale dei nostri discorsi ed una delle maggiori preoccupazioni della vita quotidiana. Di cosa stiamo parlando? Ovviamente, del caro dell'energia. Mai come negli ultimi mesi siamo andati alla ricerca delle offerte più vantaggiose e abbiamo cambiato gestori, per tirare un sospiro di sollievo all'arrivo della bolletta. E, anche se il caldo sembra restio a lasciarci, l'autunno è arrivato e ci apprestiamo ad accendere i sistemi di riscaldamento, soprattutto nelle zone più fredde d'Italia.

Proprio per questo, il Governo ha pensato ad un bonus destinato al pagamento delle utenze. Ormai, si sa, per le famiglie più in difficoltà l'attestazione ISEE è divenuto un documento indispensabile, al pari della carta di identità. Trasporti, asili nido, bollette? Per ogni spesa, un bonus ti aspetta, sempre che tu abbia i requisiti per ottenerlo.

Nel pomeriggio del 25 settembre, a Palazzo Chigi, tra l'altro, si è discusso anche del decreto energia, avente ad oggetto le utenze ma anche il carburante. Quali sono le soluzioni pensate dall'alto per le fasce più deboli?

In primo luogo, si è proceduto alla proroga del bonus sociale luce e gas, già potenziato, alla luce degli aumenti, dal decreto legge 28 giugno 2023, n. 79, con cui erano stati stanziati 110 milioni per il terzo trimestre del 2023.

Senza la proroga, la misura di sostegno non sarebbe più stata in atto dal 1 ottobre 2023.

Coloro che ne avevano già diritto, ossia i nuclei familiari con ISEE non superiore ai 15 mila euro, potranno beneficiare dell'agevolazione applicata direttamente in bolletta sino al 31 dicembre 2023, per un valore che varia a seconda della composizione del nucleo familiare e della relativa situazione economica.

Al riguardo, potete consultare il sito dell'ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente).

Un altro argomento caldo è stato quello del carburante. Così come è stato disposto il bonus trasporti, per coloro che si muovono utilizzando i mezzi pubblici, così il Governo ha pensato al bonus benzina, per chi ha necessità di spostarsi con mezzi propri.

Anche in questo caso, la misura è in favore dei nuclei familiari con ISEE non superiore ai 15mila euro.

Nell'ultimo anno è divenuto l'argomento principale dei nostri discorsi ed una delle maggiori preoccupazioni della vita quotidiana. Di cosa stiamo parlando? Ovviamente, del caro dell'energia. Mai come negli ultimi mesi siamo andati alla ricerca delle offerte più vantaggiose e abbiamo cambiato gestori, per tirare un sospiro di sollievo all'arrivo della bolletta. E, anche se il caldo sembra restio a lasciarci, l'autunno è arrivato e ci apprestiamo ad accendere i sistemi di riscaldamento, soprattutto nelle zone più fredde d'Italia.

Proprio per questo, il Governo ha pensato ad un bonus destinato al pagamento delle utenze. Ormai, si sa, per le famiglie più in difficoltà l'attestazione ISEE è divenuto un documento indispensabile, al pari della carta di identità. Trasporti, asili nido, bollette? Per ogni spesa, un bonus ti aspetta, sempre che tu abbia i requisiti per ottenerlo.

Nel pomeriggio del 25 settembre, a Palazzo Chigi, tra l'altro, si è discusso anche del decreto energia, avente ad oggetto le utenze ma anche il carburante. Quali sono le soluzioni pensate dall'alto per le fasce più deboli?

In primo luogo, si è proceduto alla proroga del bonus sociale luce e gas, già potenziato, alla luce degli aumenti, dal decreto legge 28 giugno 2023, n. 79, con cui erano stati stanziati 110 milioni per il terzo trimestre del 2023.

Senza la proroga, la misura di sostegno non sarebbe più stata in atto dal 1 ottobre 2023.

Coloro che ne avevano già diritto, ossia i nuclei familiari con ISEE non superiore ai 15 mila euro, potranno beneficiare dell'agevolazione applicata direttamente in bolletta sino al 31 dicembre 2023, per un valore che varia a seconda della composizione del nucleo familiare e della relativa situazione economica.

Al riguardo, potete consultare il sito dell'ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente).

Un altro argomento caldo è stato quello del carburante. Così come è stato disposto il bonus trasporti, per coloro che si muovono utilizzando i mezzi pubblici, così il Governo ha pensato al bonus benzina, per chi ha necessità di spostarsi con mezzi propri.

Anche in questo caso, la misura è in favore dei nuclei familiari con ISEE non superiore ai 15mila euro.

Per tale bonus, che avrà un valore di circa 80 euro, il Governo ha previsto lo stanziamento di 100 milioni.

Il bonus sarà caricato sulla social card "Dedicata a te", di cui abbiamo parlato qui.

Si tratta, in sostanza, della carta di cui hanno beneficiato circa 1,3 milioni di famiglie con Isee fino ai 15 mila euro su cui è stato erogato un contributo di circa 380 euro, destinato all'acquisto di generi alimentari.

Ma non tratta solo di questo il decreto energia, che prevede anche la proroga delle agevolazioni destinate agli under 36 con ISEE non superiore ai 40 mila euro, per i mutui prima casa.

Previsione che già fa discutere, invece, è quella relativa alla sanatoria su scontrini elettronici, ricevute fiscali, fatture non in regola. Gli autori di violazione commesse nel periodo tra il 1 gennaio 2022 e il 30 giugno 2023 avranno, infatti, la possibilità di mettersi in regola pagando multe ridotte.

Queste le ultime novità del Governo, che sembra portare avanti la politica dei bonus e misure di sostegno per le fasce più deboli.


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Nuovo Codice della Strada, obbligo di installare l’alcolock che blocca il motore dell’auto se sei ubriaco e pene più severe

Pubblicato il: 25/09/2023

Il Governo assicura il pugno di ferro per chi guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti.
Si tratta di una politica, messa in atto dall’attuale Governo, volta a prevenire una delle principali cause degli incidenti stradali: la guida sotto l’effetto di alcol o droghe.
Le novità su questo tema sono diverse.

In primo luogo, il disegno di legge in tema di sicurezza stradale e la delega per la revisione del codice della strada approvato qualche mese fa dal CDM ha inasprito le pene per chi guida sotto l’effetto di alcol o stupefacenti, in violazione dell’art. [[n186cds]] del codice della strada.
Secondo il ddl le multe saranno aumentate di un terzo rispetto alla normativa ora in vigore. Le multe per questo tipo di violazione del C.d.S. andranno, dunque dai 724 euro fino ai 2900 euro.

Inoltre, per chiunque risulti già condannato per guida in stato di ebbrezza, si impone il divieto assoluto di assumere alcolici alla guida nonché l’obbligo di installare l’alcolock, un nuovo strumento già noto ad altri Paesi Europei. In caso di mancato rispetto di tali disposizioni, per questa categoria di recidivi è previsto il cd. “l'ergastolo della patente”, ovvero la revoca definitiva della stessa.

Cos’è l’alcolock?
L’alcolock, noto anche come Alcohol interlock system (AIS), è un dispositivo che impedisce l’avvio del motore se il tasso alcolemico del guidatore recidivo è superiore allo zero. E’ previsto che questo strumento venga installato all’interno dell’abitacolo, vicino al sedile del conducente.
Nello specifico, il guidatore, già condannato per guida in stato di ebbrezza, dovrà sottoporsi al test obbligatoriamente prima di mettersi alla guida, soffiando dentro a questo strumento che è collegato con il sistema di accensione del veicolo. Nel caso in cui, a seguito del test risulti un valore di alcol superiore allo zero il veicolo o il ciclomotore non potrà partire. Il nome “alcolock” deriva dall’unione dei due sostantivi “alcol” più il nome inglese “lock” che significa bloccato, in riferimento al veicolo che, per l’appunto, rimarrà bloccato a seguito di consumo di alcol non consentito.

Rispetto all’etilometro, il cui test viene effettuato dalle forze dell’ordine, l’Alcolock viene svolto in autonomia dagli stessi automobilisti, i quali saranno obbligati ad installarlo nelle proprie auto, a seguito della riforma del Codice della Strada.
Dal 4 luglio 2022 l’Unione Europea, infatti, impone alle case automobilistiche l’installazione del dispositivo su tutte le auto di nuova omologazione. In caso di vecchie auto invece, bisognerà installarlo molto probabilmente a proprie spese.
Per quanto riguarda le modalità di installazione da parte delle officine autorizzate si dovrà aspettare un decreto ad hoc del Ministero dei Trasporti. Per ora si sa che i costi di installazione non sono proprio irrisori e pare andranno dai 1500 euro ai 3500 euro per le auto di vecchia generazione, a cui andranno aggiunti anche i costi periodici di taratura.

Il Governo ha predisposto, inoltre, misure ad hoc anche per chi guida sotto effetto di stupefacenti. La riforma prevede il ritiro della patente in caso di esito positivo di controlli, effettuati dalla polizia stradale, attraverso un kit specifico che testa l'uso di sostanze stupefacenti attraverso saliva o urina del fermato.
Per cui, si suggerisce caldamente ai guidatori una maggiore prudenza alla guida, altrimenti andranno incontro a conseguenze gravi.


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Garage e cantine diventano abitabili, puoi trasformarli in appartamenti: la nuova proposta di legge di Lega e FdI

Pubblicato il: 24/09/2023

Ebbene sì, possiamo dire che la Destra Italiana ha visto abbastanza film americani. Difatti, è impossibile non pensare ai prodotti cinematografici e televisivi statunitensi, quando si parla di rendere abitabili i luoghi dove parcheggiamo le auto o depositiamo attrezzi e vecchie cianfrusaglie.

Nei film americani, quando i protagonisti aprono le porto dei loro garage, si spalanca un mondo: si passa da sale prove per gruppi musicali a veri e propri appartamenti. I garage, in America, sono un po' il rifugio degli adolescenti e, secondo le leggende che si tramandano, lì sono state partorite idee geniali, come quelle che hanno portato alla nascita di Google, Amazon o Apple.
In Italia, la situazione è un po' diversa. Nel nostro immaginario, come cantine e seminterrati, spesso sono semplicemente luoghi in cui, oltre a parcheggiare l'auto, depositiamo scatoloni, attrezzi e, in genere, tutto ciò che in casa ingombra troppo. Eppure, la Destra Italiana ha proposto di ripartire proprio da questi luoghi per provare a risolvere l'emergenza abitativa nel Lazio.

Sul tema, tre proposte di di legge erano state avanzate da parte di FdI, Lega e UdC, ossia la p.l.r. 67 dell’11 agosto 2023 "Disposizioni per il recupero dei vani e locali seminterrati esistenti", la p.l.r. 71 dell’8 settembre 2023 "Recupero dei vani e locali seminterrati" e la p.l.r. 75 del 14 settembre 2023 "Recupero dei vani e locali seminterrati esistenti e creazione del fondo straordinario comunale per il dissesto idrogeologico".

In occasione della seduta del 21 settembre in Commissione urbanistica, politiche abitative e rifiuti, le tre singole proposte di legge regionale sono state ritirate, per la somiglianza tra gli argomenti, dai consiglieri dei rispettivi partiti, che hanno deciso di accordarsi tra loro su una proposta unica.
In particolare, il nuovo testo è a firma di Laura Cartaginese (Lega), Micol Grasselli (FdI) e Nazareno Neri (Udc) e, come precisato dalla consigliera Grasselli, ricalca l'impianto legislativo della sua proposta, ma con l’aggiunta, da parte della consigliera Cartaginese, dei requisiti e dei controlli del gas Radon, nonché con il supplemento, da parte del consiglieri Neri, di una richiesta di contributo da indirizzare ai comuni per prevenire rischi idrogeologici.

Tale proposta di legge regionale si pone l'obiettivo di rendere abitabili spazi quali cantine, seminterrati e garage, anche per destinarli ad uso commerciale, così limitando la cementificazione che, nella regione Lazio e nella capitale in particolare, ogni anno continua a sottrarre terreni che potrebbero essere destinati ad altre finalità.

Dai dati Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale), emerge che ogni anno a Roma viene costruita una superficie pari a 150 campi da calcio.
Un lato più ecologista della proposta, che ha però anche delle finalità economiche, ossia incentivare la ripresa del settore edile.

Il testo della proposta di legge si compone di 7 articoli e in esso si legge che questi spazi potrebbero fungere da abitazioni anche derogando ai limiti e prescrizioni edilizie degli strumenti urbanistici vigenti e dei regolamenti edilizi, ovvero senza raggiungere il minimo dei 2,40 metri di altezza.

Nel caso di soffitti irregolari, la Lega propone di calcolare l’altezza media, mentre Fratelli d'Italia propone di realizzare opere murarie abbassando il solaio.
Ovviamente, non sono mancate aspre critiche alla proposta, che in realtà era già stata avanzata nel 2018. C'è chi evidenzia che si tratterebbe di una sanatoria per situazione esistenti, e chi, come Legambiente, afferma che si costringerebbero le persone a vivere in spazi inidonei, esponendole così a elevatissimo rischio idrogeologico.
Il consigliere Valeriani, del PD, sostiene che il centrodestra nasconde interventi di recupero di locali senza prevedere specifici livelli prestazionali e ambientali, oltre alla mancata introduzione di misure di mitigazione del rischio idrogeologico e degli elementi inquinanti, come il gas radon che – afferma il consigliere – è altamente pericoloso per la salute e la sicurezza.

Vari sono gli aspetti da valutare in merito a tale proposta di legge regionale, di cui si parla molto in questi giorni. Non ci resta che attendere gli sviluppi, per scoprire se diverrà o meno realtà.


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Eredità Berlusconi, cosa insegnano il caso Silvio ed i suoi tre testamenti per lasciare serenità e ordine ai propri eredi

Pubblicato il: 23/09/2023

Soltanto pochi italiani decidono di fare testamento.
Eppure, la vicenda di Silvio Berlusconi e dei suoi tre testamenti olografi ha evidenziato quanto una scelta del genere possa essere importante.
Però, il caso Berlusconi ha messo anche in luce come, se si decide di fare testamento, sia consigliabile affidarsi ad un professionista del settore e non improvvisarsi in testamenti “fai-da-te”. Il rischio è fare errori che potrebbero rendere invalido il testamento o parti di esso.

In relazione al Cavaliere, ci sono tre testamenti olografi: il primo del 2 ottobre 2006, il secondo del 5 ottobre 2020 e l’ultimo del 19 gennaio 2022.

Il testamento olografo è uno dei modi che il nostro sistema conosce per fare testamento, insieme al testamento pubblico (art. 603 c.c.) e al testamento segreto (art. 604 c.c.). Nel caso del testamento olografo, l’interessato scrive di proprio pugno il testamento (art. 602 c.c.). Proprio come ha fatto Silvio Berlusconi.

In questo caso, si devono rispettare i requisiti di forma previsti dall’art. 602 c.c.. Altrimenti, il testamento potrebbe considerarsi invalido.

La legge prevede che il testamento olografo deve essere scritto interamente dal testatore, di mano propria. Inoltre, deve essere datato e sottoscritto dal diretto interessato.
Sotto questo punto di vista, tutti e tre i testamenti del Cavaliere risultano scritti autografi e regolarmente datati e sottoscritti. Dunque, siamo davanti a tre testamenti olografi validi.

Ma Berlusconi cosa ha stabilito nei tre testamenti?

Con il primo testamento, l’ex Presidente del Consiglio ha disposto l’eredità lasciata ai figli. Con il secondo testamento, è stato aggiunto un lascito (si parla di “legato”) di 100 milioni di euro al fratello Paolo Berlusconi. Infine, con l’ultimo testamento, il Cavaliere ha disposto dei legati milionari a favore sempre del fratello Paolo Berlusconi, a Marta Fascino e Marcello dell’Utri.

Analizzare il contenuto dei diversi testamenti è importante proprio perché l’ex Premier ha redatto più documenti nel corso degli anni. Vediamo perché.

Cosa accade quando ci sono più testamenti, come per Berlusconi?

Con più testamenti scritti nel tempo, se non c’è una revoca espressa del precedente documento testamentario, bisogna guardare al loro contenuto per capire quale si deve applicare.

Se ci sono più testamenti e questi hanno un contenuto incompatibile, allora si dovrà seguire il testamento con data successiva e il precedente testamento verrà tacitamente revocato.

Tuttavia, questo non è il caso di Silvio Berlusconi. I tre testamenti del Cavaliere si integrano tra loro: rispetto al primo, il secondo e il terzo prevedono in aggiunta dei lasciti a favore di soggetti diversi. Pertanto, non c’è una revoca tacita del precedente testamento, che comunque rimane valido.

C’è un però. Se è vero che è consigliabile redigere testamento, è anche vero che è fondamentale rivolgersi ad un professionista per evitare di scrivere disposizioni che il nostro ordinamento potrebbe considerare invalide.

E la vicenda di Berlusconi, anche sotto questo punto di vista, fa pensare. Nell’ultimo testamento, sembra che l’ex Presidente abbia deciso di fare tutto da sé. Il problema? Ci sono degli errori tecnici che un esperto non avrebbe commesso. Ad esempio, il Cavaliere ha previsto una condizione sospensiva, subordinando il testamento al verificarsi di un evento futuro negativo: cioè, quelle disposizioni testamentarie si sarebbero applicate solo se lui non fosse tornato dall’ospedale. Se non c’è l’evento futuro, la disposizione è come se non fosse mai stata scritta. Questo che significa? Vuol dire che, in questo caso, il ?ritorno dall’ospedale” rende inefficace la previsione testamentaria.

Dunque, è importante scrivere un testamento, ma è altrettanto fondamentale chiedere l’aiuto di un professionista competente per non sbagliare e invalidare le proprie ultime volontà.


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Mi sono infortunato in palestra, ecco come ottenere il risarcimento: tutto quello che devi sapere

Pubblicato il: 23/09/2023

Settembre è tempo di buoni propositi. Uno su tutti? Andare in palestra per mettersi in forma dopo le vacanze estive. Magari anche tu hai deciso di fare seriamente attività fisica, frequentando costantemente una palestra e utilizzando l’attrezzatura a disposizione.

Però, che succede se ti fai male mentre ti stai allenando? Sai quando è responsabile la palestra e come puoi farti risarcire? Cerchiamo di capirlo insieme.

Devi sapere che, spesso, quando ti iscrivi in palestra e paghi la quota annuale, questa somma comprende anche un’assicurazione che copre gran parte degli infortuni che si potrebbero verificare nella palestra durante l’esercizio.

Certo, la legge pone l’obbligo di assicurazione soltanto per i centri sportivi riconosciuti dal CONI (dove si svolge attività agonistica). Negli altri casi, la polizza è facoltativa, ma comunque puoi decidere di stipularla per conto tuo.

Allora, se sei coperto da assicurazione, vieni risarcito sempre e comunque?

Per rispondere, dobbiamo prima capire la responsabilità per le lesioni dovute all’infortunio su chi ricade.

In linea di massima, come ha detto la Cassazione, il titolare della palestra ha l’obbligo di garantire l’incolumità e la sicurezza dei propri clienti. Tecnicamente, si dice che il gestore del centro sportivo ha una posizione di garanzia verso i propri clienti.

Ciò non solo in virtù del generale principio per cui tutti hanno il dovere di non ledere l’altrui sfera giuridica (è il cd. principio del neminem laedere), ma anche in forza dell’art. 2050 c.c. che disciplina la responsabilità per l'esercizio di attività pericolose.

Proprio per questo, il gestore della palestra deve rispettare una serie di obblighi:

  • usare attrezzi e macchinari idonei e assicurare una corretta e regolare manutenzione di tale attrezzatura nel tempo;
  • far sì che gli istruttori, adeguatamente informati, svolgano un’adeguata vigilanza.

Infatti, forse non sapevi che il gestore è responsabile anche rispetto all’operato dei personal trainer del centro sportivo: egli può esserne chiamato a rispondere direttamente ai sensi dell’art. 2049 c.c., secondo cui il padrone è responsabile per i danni causati dai propri dipendenti nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.

Detto questo, vediamo l’assicurazione in palestra cosa copre generalmente.

Chiaramente, è fondamentale leggere le condizioni della polizza assicurativa per verificare in concreto cosa copre l’assicurazione.

Al di là di quest’attenzione, forse sto per deluderti. Se pensi che il gestore della palestra sia sempre e comunque responsabile per ogni infortunio verificatosi al cliente nel centro, stai sbagliando.

In linea generale, la polizza assicurativa della palestra risarcisce tutti i danni che il cliente assicurato ha subito per responsabilità del gestore del centro e dei suoi impiegati.

Dunque, se ti fai male in palestra, avrai diritto al risarcimento del danno soltanto a determinate condizioni. Quali?

Si deve analizzare le modalità con cui l’infortunio si è verificato:

  • l’infortunio deve essere accaduto nei locali della palestra;
  • il danno deve essere stato causato dalla negligenza del titolare della palestra (ad esempio, l’inidoneità degli attrezzi utilizzati) o della negligenza dell’istruttore;
  • bisogna guardare anche la condotta del cliente: l’infortunio non deve essere stato provocato dalla negligenza della persona. Se l’incidente è avvenuto per il comportamento imprudente del cliente o a causa di un evento del tutto imprevisto e non imputabile al proprietario o al personale, non ci sarà diritto a un risarcimento.

Pertanto, attenzione in palestra. Non hai sempre diritto al risarcimento per un infortunio. Ogni caso sarà esaminato in modo accurato dalla compagnia assicurativa.


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Gettare mozziconi di sigarette per terra è vietato, proposto divieto di fumare all’aperto: rischi una multa salata

Pubblicato il: 22/09/2023

In italia, vi sono circa 10 milioni di fumatori e, chi fuma lo sa, non è facile smettere. Sono già trascorsi venti anni dall'emanazione della Legge Sirchia, che dal 2003 vieta, a tutela della salute dei non fumatori, di fumare nei locali al chiuso. Per i più giovani, l'idea di fumare in un ristorante o in un bar è qualcosa di impensabile, che hanno visto soltanto nei film più datati.
Il divieto potrebbe essere esteso anche alle aree pubbliche all'aperto, ma per il momento si tratta solo di proposte. Fumare per strada è consentito, e spesso, camminando, si notano mozziconi di sigaretta per terra. Ebbene, c'è da chiedersi se una condotta simile, oltre ad essere contraria al senso civico, sia anche vietata. La risposta è sì. Ma cosa rischia chi getta i mozziconi per terra?

La legge in materia è la Legge 28/12/2015, n. 221, in vigore dal 2016, che prevede disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali. In particolare, l'art. 40 della legge n. 221/2015 apporta modificazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al titolo dedicato alla gestione di particolari categorie di rifiuti. Viene inserito, difatti, l'art. 232-bis che prevede, da un lato, da parte dei comuni, l'installazione nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo, nonché l'attuazione di campagne di informazioni da parte di chi produce prodotti da fumo, in collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze nocive per l'ambiente derivanti dall'abbandono dei mozziconi dei prodotti da fumo. Dall'altro, tale articolo, inserito dall'art. 40 della legge n. 221/2015, vieta l'abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo, nelle acque e negli scarichi.
È altresì inserito l'art. 232-ter nel decreto legislativo n. 152/2006, relativo al divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare.

Ma, concretamente, quali sono le sanzioni previste?
Ai sensi dell'art. 255, comma 1bis del decreto n. 152/2006, come modificato dall''art. 40 della legge n. 221/2915, chiunque viola il divieto di cui all'articolo 232-ter è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta. Se l'abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all'articolo 232-bis, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.
Quindi, ai sensi di tale norma, nei confronti di chi getta per terra, ma anche nelle acque e negli scarichi, rifiuti di prodotti da fumo, tra cui appunto i mozziconi di sigaretta, può essere comminata una sanzione amministrativa dai 60 ai 300 euro.

Ma non è finita qui! Difatti, gettare i mozziconi di sigaretta può risultare pericoloso ed integrare altresì il reato di getto pericoloso di cose, punito dall'art.674 del Codice Penale. Ai sensi di tale norma, "Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206."
Al riguardo, anche la Corte di Cassazione ha chiarito che il lancio di mozziconi di sigaretta può integrare tale reato e, in particolare, con sentenza n. 9474/2018 ha affermato che, ai fini della configurabilità del reato di getto pericoloso di cose, non si richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea ad offendere, imbrattare o molestare le persone.

Alla luce di ciò, vi consigliamo di non gettare in giro mozziconi di sigaretta. Non solo, infatti, si tratta di un comportamento contrario al senso civico, ma rischiate anche di incorrere in multe o di essere perseguiti penalmente.


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