Due multe uguali, stesso giorno, stessa infrazione: non dobbiamo pagarle entrambe, ma attenzione alle eccezioni

Pubblicato il: 10/09/2023

Cosa succede se violi ripetutamente i limiti di velocità passando sempre dinanzi lo stesso autovelox e a distanza di poco tempo? E se invece entri ed esci più volte dalla Ztl del centro storico mentre il varco è attivo e non si potrebbe passare? La risposta è semplice: riceverai più multe per la stessa infrazione, anche se avvenuta lo stesso giorno e magari a distanza di poco tempo.

Tuttavia, la vera domanda è un’altra: cosa fare in questi casi? Devo pagare tutte le multe anche se sono uguali?
Ad intervenire a difesa di tutti gli automobilisti un “po’ sbadati” vi è l’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni, per cui chi commette più volte la stessa infrazione non dovrà pagare tutte le multe bensì solo quella relativa alla violazione più grave, aumentata fino al triplo. A prevederlo è l’art. [n198strada] CDS, secondo cui: “salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con una azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative pecuniarie, o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo

A questo principio più favorevole per gli automobilisti vi sono però delle eccezioni, ecco quali sono.
La prima riguarda le ripetute violazioni delle Ztl cittadine (zone a traffico limitato). In questi casi, se si è oltrepassato più volte il varco della Ztl a distanza di poco tempo, magari anche nello stesso giorno, le violazioni sono considerate autonome e andranno pagate tutte multe per ciascun ingresso non autorizzato.
Viene così applicato il meno favorevole cumulo giuridico delle sanzioni, per cui chi commette più infrazioni “soggiace alle sanzioni previste per ogni singola violazione”. Ciò in quanto passare più volta la ztl non viene vista come un’unica condotta ma come più violazioni autonome e distinte.
A mitigare questa regola così rigida ci ha pensato la Cassazione con la sent. n. 22028 del 11-09-2018. Con tale pronuncia la Corte stabilisce che, se le violazioni hanno interessato lo stesso percorso e sono intercorse in un breve lasso di tempo, le stesse potrebbero essere considerate come un’unica violazione e di conseguenza sarebbe possibile pagare una sola multa. Tuttavia, questa valutazione toccherà solo al giudice al momento del ricorso, il quale valuterà il caso specifico, tenendo conto della buona fede dell’automobilista e della sua familiarità con i luoghi.

Anche nei casi di più violazioni del divieto di sosta viene applicata la disciplina meno favorevole del cumulo giuridico. L’art. [n158strada] del CdS infatti dispone che, in caso di più violazioni: “le sanzioni si applicano per ciascun giorno di calendario per il quale si protrae la violazione”. Ciò significa che, il caso si lasci un’auto in divieto di sosta, si potrà ricevere una multa per ogni giorno in cui la sosta continua. Quindi ipoteticamente: una multa ogni 24 ore e in questo caso andranno pagate tutte, perché considerate, anche in questo caso, come delle violazioni autonome.

Infine, in caso di più multe identiche per eccesso di velocità, vi è unicità della condotta solo se gli autovelox che hanno rilevato la velocità sono stati posizionati ad una breve distanza tra loro, cosicché le violazioni sono, di fatto, intervenute in un breve lasso di tempo e a breve distanza sullo stesso tratto. Tolto questo caso, se si viola più volte il limite di velocità e lo stesso viene rilevato dagli autovelox, tali violazioni sono da considerarsi autonome condotte e pertanto andranno pagate tutte le multe.


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Riunione di condominio infinita: è possibile limitare la durata dell’assemblea condominiale e dei singoli interventi?

Pubblicato il: 09/09/2023

Per quanto tempo può durare un’assemblea condominiale?

Se lo si chiede ai condomini che vi partecipano, quasi tutti risponderanno che queste riunioni sono “senza fine”. Però, vediamo cosa dice la legge sulla questione.

La legge stabilisce una durata massima per le assemblee condominiali?
La risposta è no. La legge non dice alcunché. Infatti, il codice civile (art. 66 disp. att. c.c. e art. 1136 c.c.) precisa soltanto che, tra l’assemblea in prima convocazione e quella in seconda convocazione, deve passare almeno un giorno e non devono intercorrere più di dieci giorni.

Quindi, una riunione potrebbe essere brevissima (il tempo di accertare l’assenza dei quorum costitutivi) o prolungarsi per ore. Tutto dipende dal numero e complessità dei punti all’ordine del giorno e dal numero dei partecipanti.

Però, l’art. 66 disp. att. c.c. prevede che l’amministratore (o altro soggetto convocante) ha la facoltà di suddividere l’assemblea in più incontri consecutivi, assicurando comunque che la riunione si svolga in tempi brevi. Infatti, con l’originario avviso di convocazione, l’amministratore può già stabilire una calendarizzazione delle eventuali successive sedute (indicando data e ora) per la prosecuzione della discussione e deliberazione da parte dell’assemblea già validamente costituita.

Se il codice civile tace, ci si chiede se il regolamento condominiale possa imporre una durata massima della riunione condominiale.
 
L’art. 1138 c.c. stabilisce che, se è obbligatorio (quando ci sono più di dieci condomini), il regolamento condominiale contiene le norme sull’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese spettanti ad ogni condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.
 
Si ritiene che, tra le norme sull’amministrazione delle cose comuni, possano essere ricomprese anche disposizioni sulle modalità di svolgimento dell’assemblea. Ad esempio, dall’art. 66 disp. att. c.c. si comprende che il regolamento condominiale può espressamente prevedere che la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza.
 
Da un lato, è dubbia la liceità di una clausola che fissi l’indicazione generale e specifica della durata massima dell’assemblea condominiale. Questo perché una tale generale limitazione rischierebbe di restringere o sopprimere il diritto del singolo condomino di discutere e partecipare in modo attivo all’assemblea e ciò a priori e senza alcuna valutazione del caso concreto.
Pertanto, deve escludersi che il regolamento condominiale, nel disciplinare il funzionamento della riunione di condominio, preveda una forma di limitazione dei tempi dell’assemblea con l’imposizione di una generale durata massima della riunione.
 
Dall’altro lato, però, il regolamento condominiale può stabilire delle regole per la corretta gestione dell’assemblea, al fine di evitare che ogni riunione diventi interminabile.
 
Ad esempio, il regolamento potrebbe porre un numero massimo di argomenti da mettere all’ordine del giorno oppure potrebbe imporre all’amministratore di condominio di avvalersi della facoltà di frazionamento dell’assemblea ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c..  
 
Ancora, come si capisce anche da quanto sostenuto dalla Suprema Corte (con sent. n. 24132 del 2009), il regolamento può consentire al Presidente di stabilire la durata di ogni singolo intervento nel corso dell’assemblea condominiale per evitare contributi superflui o sovrabbondanti, ma comunque garantendo ad ogni condomino la possibilità di esprimere le proprie ragioni su tutti i punti all’ordine del giorno e oggetto di discussione.
Inoltre, al Presidente può anche essere riconosciuto il potere di rinviare a nuova data l’assemblea che si prolunga oltre un ragionevole lasso di tempo, nonché specifici poteri di direzione della riunione.
 
Quindi, anche se non è possibile stabilire direttamente una durata massima della riunione, ciò non vuol dire che i condomini siano costretti ogni volta a sopportare un’assemblea interminabile.


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Liste di attesa infinite in ospedale, ora sappiamo che sono truccate: come può aiutarci la legge a difenderci?

Pubblicato il: 09/09/2023

C’erano una volta a Milano, Torino, Perugia, Catania e, ci metto la mano sul fuoco e non me la brucio, in altre 1000 città d’Italia, altrettanti migliaia di fessi, che pagando uno sproposito di tasse pensavano che almeno la salute se la potessero tenere cara.
Ma pensavano male.

In Luglio e Agosto, i Nas passavano al setaccio 1364 tra ospedali, ambulatori e cliniche, sia pubblici sia privati in convenzione con il SSN, analizzando 3.884 liste d'attesa e agende di prenotazione per prestazioni ambulatoriali relative a visite mediche specialistiche ed esami diagnostici. Le indagini permettevano di rilevare 1118 situazioni di affanno nella gestione delle liste di attesa e il superamento delle tempistiche imposte dalle linee guida del Pngla (Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa), pari al 29% di quelle esaminate. Liste d’attesa truccate da 9 medici a favore di conoscenti e di propri pazienti privati, consentendo loro di essere sottoposti a prestazioni in data antecedente rispetto alla prenotazione ed eludendo le classi di priorità.

E vissero indagati e contenti in 26, tra medici e infermieri, denunciati per falsità ideologica e materiale, truffa aggravata, peculato ed interruzione di pubblico servizio.

È assodato: il problema delle liste d'attesa in ospedale non è un problema, è una tragedia. Vi è mai successo che contattando il CUP la prima data disponibile per il vostro esame era tra 2 giorni e non dopo mesi, mesi e mesi? A me mai. E penso pure a voi. Ma se chiediamo la stessa prestazione in intramoenia (cioè resa in ospedale ma pagando il medico privatamente) ecco che puuuf, magicamente la lista di attesa si azzera.
E accade che mentre alcuni pazienti l'intramoenia se la fanno andare bene o se la cavano rivolgendosi a strutture private per assicurarsi cure più tempestive, altri si rassegnano a mettersi in coda e ad aspettare che arrivi il proprio turno in ospedale. A farne le spese sono sempre i più poveretti.

Evidentemente né gli uni né gli altri lo sanno ma esiste un decreto che sancisce il diritto del paziente a ricevere la prestazione sanitaria nei termini previsti dalla prescrizione medica. È il decreto n. 124/1998.

Vediamo cosa prevede e come può venirci in aiuto.
L’art. 3 comma 13 stabilisce che qualora non si riesca a fornire al paziente un appuntamento nei termini previsti dalla prescrizione medica, il malato ha diritto di ricevere la prestazione in regime di attività medica intramuraria, sostenendo soltanto il costo del ticket, oppure ricevendo il rimborso della prestazione.
La richiesta di ricevere la prestazione intramoenia deve essere presentata al Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria di appartenenza e dovrà riportare:

  • i dati personali dell’assistito;
  • l’indicazione dell’accertamento diagnostico o della visita specialistica richiesta;
  • la prima data disponibile comunicata dal Cup all’atto della prenotazione;
  • specificazione dell’urgenza;
  • la richiesta che la prestazione venga resa in intramoenia con onere a carico del SSN ai sensi del decreto n. 124/1998;
  • la comunicazione che, in mancanza di prenotazione in regime di intramoenia, si provvederà a effettuare la prestazione sanitaria richiesta in struttura privata, con preavviso di successiva richiesta di rimborso da parte dell’Azienda Sanitaria delle spese sostenute.
Bene. Ora lo sapete anche voi.

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Multa presa all’estero, bisogna pagare? Ecco cosa dice la Legge

Pubblicato il: 07/09/2023

Sei stato in vacanza all’estero e magari hai affittato una macchina o una moto per poter girare con più comodità. Ovviamente, stando in un Paese straniero non consoci bene le strade, ma poco importa perché sei in vacanza e soprattutto sei molto lontano da casa. Peccato che al tuo ritorno oltre ai souvenir, hai trovato ad aspettarti anche il postino per consegnarti una multa che hai preso proprio in quei giorni fuori dall’Italia.

Cosa fare in questi casi? Va pagata una multa presa all’estero? Ci sono conseguenze gravi in caso di mancato pagamento? Vediamo cosa dice la legge.
La risposta è si, la multa estera va pagata. Altrimenti, è probabile che la multa aumenti se il pagamento non viene effettuato nell’immediatezza. Addirittura, l’automobilista potrebbe ritrovarsi, in extremis, dinanzi al Tribunale italiano per giustificare il suo mancato pagamento.
Il sistema tramite cui arrivano in Italia, le multe emesse in Europa, si chiama “Cross border”. Questo è un sistema di interscambio di informazioni ed è valido per tutti i paesi Europei. Per cui, in caso di violazione delle normative di circolazione dei veicoli, anche se si è all’estero, ma sempre in un Paese UE, permette l’irrogazione della sanzione amministrativa che arriverà direttamente in Italia.
Ciò vale per i veicoli targati UE. Questo significa che se un francese prende una multa in Italia quest’ultima gli arriverà a casa, lo stesso varrà per lo spagnolo che prenderà una multa in Portogallo. Questi automobilisti saranno facilmente rintracciati tramite il sistema di “cross border” e costretti a pagare la sanzione.
Tuttavia, non tutte le violazioni ai codici stradali UE possono essere contestate all’automobilista straniero ma soltanto alcune, quali:

  • eccesso di velocità in base ai limiti e alle norme vigenti sulle strade del Paese europeo in cui si viaggia;
  • passaggio con semaforo rosso;
  • mancato utilizzo delle cinture di sicurezza o del dispositivo per la ritenuta di bambini;
  • mancato utilizzo del casco per i motocicli;
  • guida in stato di ebbrezza e sotto influenza di sostanze stupefacenti;
  • circolazione su una corsia vietata;
  • uso del cellulare o di altri dispositivi di comunicazione durante la guida.
Si precisa che, le multe vengono irrorate, in caso di violazione dei limiti e dei livelli consentiti nel Paese europeo in cui sono commesse.
Per esempio, se il limite di tasso alcolemico in Repubblica Ceca è di 0.0 g/l e l’automobilista risulta avere una misurazione di 0.3 verrà multato, perché si infrange la legge ceca, anche se in Italia sarebbe tollerato.
In Italia, la multa va notificata entro 360 giorni dall’infrazione. Il verbale dovrà riportare: il tipo di violazione, data, luogo e orario dell’infrazione, le sanzioni previste, nonché il dispositivo che ha rilevato l’infrazione.
Inoltre, accanto alla multa l’automobilista riceverà anche un modulo in cui potrà scegliere se:
  • confermare di aver commesso l’infrazione;
  • contestare la violazione;
  • indicare le generalità di chi guidava l’auto al momento dell’infrazione
La multa dovrà essere pagata con le modalità e nei termini come previsti dal verbale.
Chi sceglie di non pagare e ignorare la multa ricevuta da autorità estere, innesca un iter di passaggio del fascicolo dalla polizia del Paese in cui è avvenuta l’infrazione all’Autorità giudiziaria del proprio Paese, che ne chiederà l’esecuzione.
In questo modo il trasgressore riceverà la famosa notifica in busta verde ad informarlo che partirà un procedimento giudiziario per il riconoscimento della sanzione anche in Italia.

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Cosa rischi se gestisci un B&B non in regola? Scoperti 12.000 Bed & Breakfast abusivi a Roma: multe salatissime

Pubblicato il: 07/09/2023

A Roma sono stati scoperti oltre 12.000 Bed an Breakfast abusivi verificando tramite i siti online. Il dipartimento del Turismo del Campidoglio ha fatto un controllo incrociato tra le strutture realmente registrate e quelle presenti sulle piattaforme online. Il risultato ha fatto emergere a migliaia di strutture abusive (12.171 per la precisione) tra bed and breakfast, case vacanze e appartamenti pubblicizzati sulle varie piattaforme online.

I dati del Comune hanno rilevato, inoltre, un incremento del 22% delle strutture regolari. Dalle 17.940 strutture extralberghiere in regola nel 2019, ve ne sono circa 22.828 nel 2023. E’ Probabilmente questi numeri sono dovuti al Giubileo 2025 che vedrà Roma invasa da milioni di pellegrini provenienti da tutto il mondo (per la precisione si attendono circa 30 milioni di fedeli). Quale miglior occasione rimodernare il proprio appartamentino e trasformarlo in una casa vacanze!

Il bed and breakfast abusivo comporta una grave perdita per il Comune in quanto non vengono pagate le tasse di soggiorno dagli ospiti. Secondo i dati del Comune gli abusivi avrebbero evaso tra i 20 e i 40 milioni di euro di tasse, con una perdita di importo corrispettivo per le casse Romane.
Inoltre, la presa di assalto delle abitazioni del centro storico della Capitale da qualche sta destando le ire dei comitati di quartiere. La presidente dell’Associazione abitanti centro storico, Viviana Di Capua, lamenta al Corriere della sera: “La situazione è drammatica. I palazzi sono presi d’assalto e non si fa nulla per preservare la residenzialità, a differenza di quanto avviene in altre capitali europee. Si sta attentando alla nostra vita quotidiana e al nostro essere comunità”.
L’assessore del Turismo Alessandro onorato promette maggiori controlli sulla città per una più pacifica convivenza tra turisti e locali.
 
Cosa rischia il bed and Breakfast abusivo?
Nonostante vi siano molte strutture extralberghiere abusive in Italia, in realtà la legge prevede sanzioni salate per l’abusivismo. In realtà l’esercizio di dell’attività di B&B è disciplinato da normative regionali. I reati contestabili sono quasi tutti di natura amministrativa e a questi corrispondono sanzioni pecuniarie inflitte direttamente dalle regioni, nei casi di:

  • esercizio abusivo dell’attività;
  • superamento della capacità ricettiva consentita;
  • Somministrazione di alimenti o bevande non consentiti o contrari alle vigenti norme igienico sanitarie;
  • applicazione di prezzi diversi da quelli comunicati;
  • omessa esposizione delle informazioni obbligatorie (tabella dei prezzi, copia Scia, eventuale marchio regionale o classificazione assegnata).
 
 
Le sanzioni sono varie e possono cambiare su base regionale, tuttavia una normativa generale è prevista dal Codice del Turismo con il D.Lgs. n. 79/2011. In linea generale, per l’esercizio abusivo dell’attività si rischia una multa che può arrivare sino a 15.000 euro. Per il mancato rispetto della classificazione della struttura, sono previste sanzioni sino a 7.000 euro. Per il superamento della capacità ricettiva consentita la sanzione può arrivare anche a 4.000 euro. Per quanto riguarda la mancata comunicazione di inizio attività (ovvero la presentazione della SCIA) è prevista una sanzione di 516 euro, oltre che la cessazione dell’attività.
Vi sono poi le sanzioni per mancata comunicazione al Comune dei nominativi degli ospiti, per l’evasione della tassa di soggiorno, che possono arrivare a 6.000 euro.

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Avvocato sospeso per 2 mesi per non aver pagato i debiti verso i terzi

Pubblicato il: 07/09/2023

La legge è uguale per tutti, anche per gli avvocati che nonostante hanno una certa dimistichezza con le norme, a volte possono commettere anche loro degli errori e si sa, la legge non fa sconti a nessuno.
Lo sa bene un avvocato di Catanzaro punito dal Consiglio Nazionale Forense con 2 mesi di sospensione dall’ esercizio della professione.

La vicenda è questa: l’avvocato calabro si era impegnato a pagare a dei terzi, per conto del suo cliente , delle obbligazioni pecuniarie, senza però mai effettivamente saldare il debito. La sanzione inflitta dal CNF per il legale insolvente è stata la sospensione dall’esercizio della professione per 2 mesi.

A confermarlo è la sentenza n. 116 del 7 giugno 2023, a seguito della decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD) di Catanzaro. Questo, è un organo deputato al controllo disciplinare su tutti avvocati iscritti all’albo. Se un avvocato si comporta in maniera illegittima, il Consiglio dell’Ordine di appartenenza di quell’avvocato può segnalarlo al CDD, che avvierà un vero e proprio procedimento disciplinare nei suoi confronti, con tanto di sanzioni se verrà reputato necessario. Tramite questo procedimento, l’avvocato che pone in essere un comportamento grave e irreparabile potrebbe essere addirittura radiato dall’albo.

Secondo il CDD il comportamento dell’avvocato Catanzarese ha violato i doveri di lealtà, probità, correttezza e decoro previsti dal codice deontologico degli avvocati. Questa sua condotta di non aver adempiuto alle obbligazioni pecuniarie nei confronti di terzi, prese per conto del proprio cliente, si è posta in evidente violazione con i suoi obblighi professionali.
Infatti, ogni avvocato deve mantenere un comportamento che non sia suscettibile di un giudizio di biasimo, sia etico che morale e che sia adeguato al prestigio della professione legale. Non aver adempiuto a delle obbligazioni finanziarie, a maggior ragione prese per conto di un proprio cliente, provocano un danno, non solo alla reputazione del professionista in quanto tale, ma danneggiano l’immagine dell’intera categoria forense.

Per il Consiglio Nazionale Forense (CNF) che è l’organismo che rappresenta e tutela rappresenta l’intera classe forense italiana, questo il comportamento dell’avvocato costituisce illecito disciplinare ai sensi dell’art. 64 del CDF.

La norma violata
art. 64 del Codice Deontologico Forense è titolato “Obbligo di provvedere all’adempimento di obbligazioni assunte nei confronti dei terzi” e impone due regole.
Una prima parte della norma prevede che l’avvocato debba sempre e comunque adempiere alle obbligazioni finanziarie assunte nei confronti di terzi. La seconda parte della norma, invece, sanziona l’inadempimento delle obbligazioni non connesse all’esercizio della professione di avvocato ma che comunque risultino così gravi da compromettere la dignità della professione forense e la fiducia dei terzi.
Nel caso dell’avvocato di Catanzaro sospeso, le sue azioni sono legate alla professione forense in quanto, lo stesso aveva promesso di adempiere a delle obbligazioni per conto del suo cliente.

Il caso di violazione della norma è prevista come sanzione la sospensione dall’esercizio della professione forense da 2 a 6 mesi. Quindi, tutto sommato l’avvocato è stato punito con il minimo della pena ma sicuramente ci penserà due volte prima di “dimenticare” ancora di saldare un pagamento.


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